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I prodotti dell’agroalimentare italiano vanno fortissimo anche sul web. Dal 2011 al 2014 le ricerche su Google sul made in Italy sono cresciute del 22%. I Paesi più interessati? Lo studio di Symbola dice Giappone, Emirati Arabi, Usa, Russia e Brasile

I prodotti dell’agroalimentare italiano vanno fortissimo, non solo nei mercati mondiali, ma anche sul web. Basti pensare che le ricerche su Google dei prodotti made in Italy sono cresciute dal 2011 al 2014 di ben il 22%. Ed a cercarli con maggiore interesse i prodotti dell’agroalimentare italiano sono Paesi come Giappone, Emirati Arabi, Usa, Russia e Brasile. A scattare la fotografia dell’Italia che produce cose che piacciono al mondo è il rapporto “Italia 2015- Geografie del nuovo made in Italy”, presentato a Treia (Macerata) da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison.
“Del resto aprirsi ai mercati globali sfruttando anche le possibilità offerte dalle nuove tecnologie è una risposta concreta, e già praticata da molte delle nostre imprese, alla contrazione del mercato interno. Questi dati - sottolinea lo studio - sono supportati anche dalle tendenze rilevate da un recente sondaggio Ipsos secondo cui circa l’80% degli statunitensi e dei cinesi riconosce nel made in Italy un grande valore. Sia all’estero che in patria - evidenzia ancora il rapporto - il made in Italy è sinonimo di moda, artigianato, arredamento, design e cibo, e soprattutto di bellezza e qualità. Due italiani su tre sono disposti a pagare un sovrapprezzo per avere prodotti 100% italiani. Grazie alla bellezza e alla qualità connaturata ai nostri prodotti, poi, l’Italia continua a produrre cose che piacciono al mondo e che sono sempre più desiderate sui mercati globali. Dal rapporto “Italia 2015”, emerge inoltre che nonostante i sette anni di crisi, quasi mille prodotti con saldo commerciale attivo da record. Un risultato - sottolinea ancora lo studio - di tutto riguardo, raggiunto grazie a una scelta decisa sulla qualità”.
Senza nascondere le difficoltà del nostro mercato interno, il report “misura la competitività del sistema produttivo italiano non con parametri “tradizionali” come la quota di mercato detenuta sull’export mondiale, ma con un nuovo indicatore capace di cogliere e leggere in modo assai più fedele e puntuale quanto si muove nella nostra economia: la bilancia commerciale dei singoli prodotti. Vuol dire che se pensiamo al mercato globale come a un’olimpiade, ai prodotti come discipline sportive in cui vince chi ha un export di gran lunga superiore all’import, l’Italia arriva a medaglia quasi mille volte”.
Fanno meglio di noi solo Cina, Germania e Stati Uniti - rimarca lo studio presentato dal presidente di Fondazione Symbola, Ermete Realacci, dal Segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi, e dal direttore e vicepresidente di Fondazione Edison, Marco Fortis - e in linea con il nostro primato sul fronte dell’avanzo commerciale, l’Italia si dimostra uno dei soli cinque Paesi al mondo che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari. In compagnia di grandi potenze industriali come Cina, Germania, Giappone e Corea. Una leadership che ci parla di qualità crescente riconosciuta alla nostra manifattura. Non a caso dall’introduzione dell’euro l’Italia ha visto i valori medi unitari dei suoi prodotti salire del 39%, facendo meglio di Regno unito (36%) e Germania (23%). Inoltre, riguardo le eccellenze competitive italiane nel commercio con l’estero, il nostro Paese vanta un totale di 932 prodotti classificatisi primi, secondi o terzi al mondo per saldo commerciale attivo con l’estero. Più nel dettaglio, il nostro Paese vanta 235 prodotti medaglia d’oro a livello mondiale per saldo commerciale, eccellenze che ci fanno guadagnare 56 miliardi di dollari. I nostri prodotti che si classificano al secondo posto nel mondo per saldo commerciale sono invece 376 e fruttano 68 miliardi di dollari. Le medaglie di bronzo dell’export italiano sono invece 321 prodotti e valgono un saldo commerciale complessivo di 53 miliardi. Nell’insieme questi campioni dell’export fanno conquistare al Paese un surplus commerciale di 177 miliardi di dollari. E poi ci sono altri 500 prodotti in cui l’Italia si è classificata quarta o quinta per saldo commerciale mondiale e che hanno aggiunto alla nostra bilancia commerciale altri 40 miliardi di dollari, rileva ancora il rapporto “Italia 2015” che ha il patrocinio dei ministeri degli Affari Esteri, delle Politiche Agricole, dei Beni Culturali, dell’Ambiente e di Expo Milano 2015 e che ci porta in viaggio tra i tanti talenti italiani”
“Mentre la crisi sembra finalmente allentare la sua presa sul Paese, è ancora più importante avere un’idea di futuro, capire quale posto vogliamo che l’Italia occupi in un mondo che cambia - commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola -. Più che in passato - esorta Realacci - l’Italia deve fare l’Italia rispondendo ad una domanda che aumenta ed è confermata dai dati sull’innalzamento delle ricerche di made in Italy su Google e sul gradimento dei prodotti italiani in grandi paesi come Stati Uniti e Cina”.
Per il Segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi “le geografie del nuovo made in Italy presentate nel Rapporto Italia 2015 fotografano una capacità di reazione alla crisi delle nostre imprese che ha dello straordinario, se si tiene conto del sempre difficile contesto internazionale oltre che dei ritardi infrastrutturali, della pressione fiscale e delle criticità burocratiche di cui il sistema-Paese continua a soffrire”.
Le eccellenze del Made in Italy, evidenzia infine Marco Fortis, direttore e Vicepresidente della Fondazione Edison, “coprono ormai non più soltanto i prodotti tradizionali della moda, dell’arredo-casa, dell’alimentare e dei vini, ma anche numerose branche della meccanica e dell’ingegneria, specializzazioni della chimica, i mezzi di trasporto, la gomma-plastica ed ora anche la farmaceutica, protagonista di un autentico boom dell’export negli ultimi anni. Il Piano del Governo per l’export e il made in Italy - osserva Fortis - mette ora a disposizione risorse senza precedenti per le fiere di settore, per l’internazionalizzazione e l’attrazione degli investimenti esteri. Potrà dunque stimolare ulteriori progressi dell’Italia sui mercati mondiali”.

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