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“Su quello che succederà dopo Expo sento un vuoto di idee, progettualità e visione gravissimo” aveva detto a “tu per tu” con WineNews il fondatore di Slow Food Carlo Petrini nei giorni scorsi. E lo ha ribadito ieri: “lo smantellamento sarà una grana”

Non Solo Vino
Carlo Petrini

Manca poco più di un mese alla fine dell’Expo 2015 di Milano, e c’è già chi pensa come smantellarla, verrebbe da dire. Anzi c’è chi il problema, non da poco, visto anche il tema stesso dell’Esposizione Universale, dove il dibattito dell’alimentazione ricade necessariamente sulla sostenibilità ambientale e sul futuro dei territori, se lo pone fin dall’inizio. Quel qualcuno è il presidente internazionale di Slow Food, Carlo Petrini, che, nei giorni scorsi, a “tu per tu” con WineNews ancora una volta sull’Expo italiana aveva detto “si poteva fare di più”. E si poteva fare di più non solo, secondo Petrini, sul tema, sul quale, aveva aggiunto, “è mancata più incidenza, perché il tema che c’è ma non è stato rispettato, e sono mancate più argomentazioni sui grandi problemi mondiali dell’agroalimentare, primo tra tutti la vergogna della fame”.
Ma anche sul dopo, su quello che “succederà dopo, e sento un vuoto di idee, progettualità e visione, gravissimo. Tra due mesi, il gioco è finito - e si chiedeva il fondatore della Chiocciola - cosa ne faremo del sito, e così via. Attualmente non sento nessuna proposta, arriveremo tardi a dare una risposta”. E ieri lo ha ribadito, direttamente all’Expo, a proposito dei Padiglioni: “dal punto di vista della sostenibilità ambientale il loro smantellamento sarà “una grana” non solo per chi li ha costruiti, ma anche per l’intero sito. Quindi io mi auguro che a breve ci sia un’idea forte per il dopo evento”.
Dopo Expo i moduli che compongono il Padiglione Slow Food saranno smontati e destinati a scuole, orti e comunità, sia in Italia sia all’estero, ha assicurato, invece, Petrini a proposito delle strutture di Slow Food all’Esposizione Universale, a margine di un convegno a Expo a Milano. “Qui non si butterà via niente. Ogni ala di questa struttura è modulabile e abbiamo già ricevuto molte richieste, sia dall’Italia sia dall’estero. Adesso stiamo valutando le domande. A me piacerebbe lasciare una parte in Lombardia, un’altra in Italia e portare qualcosa anche all’estero, in particolare negli orti Africani”.

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