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A “Terra Madre Giovani”, l’economista #Latouche dice “proteggere tesori locali con protezionismo buono”, il Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria, Gratteri “capolarato = schiavismo”, e Don Ciotti “garantire a tutti l’accesso al cibo”

“Iniziative come “Terra Madre Giovani” rappresentano la resistenza alla società dei consumi. Buono, pulito e giusto sono le parole d’ordine della decrescita, Terra Madre l’esempio: un movimento che è partito dal basso, ma che va molto lontano. A costo di sembrare passatisti pensiamo di proteggere i tesori locali con un protezionismo buono, da fare a livello nazionale e internazionale, anche per combattere accordi come il Ttip che minacciano i proprio i produttori di piccola scala”. Lo ha detto, oggi, a “Terra Madre Giovani - We Feed the Planet”, a Milano, l’economista Serge Latouche, che denuncia come “la corsa sfrenata alla crescita e alla produttività tra la fine della Seconda guerra mondiale e l’inizio degli anni Settanta abbia generato un progresso fittivo in cui le diseguaglianze si sono acuite”.
Un vero e proprio grido di allarme, insieme ad un duro attacco ed una richiesta ad agire tempestivamente, se si vogliono davvero cambiare le cose, è poi arrivato dal Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, sul “capolarato”, un argomento di cronaca, davvero vergognoso, sui migranti nel sistema alimentare: “negli ultimi anni spesso abbiamo parlato di caporalato: in italiano, però, sarebbe corretto parlare di “schiavismo”. Ad essere in esame è il ruolo dei migranti nella catena di produzione e trasformazione del cibo, argomento che spesso nasconde storie di sfruttamento e violazione dei diritti. Il Procuratore Gratteri ha ricordato come il problema non sia il numero di controlli nella filiera, statistica che vede l’Italia tra i primi posti in Europa e nel mondo, ma di una politica nazionale e internazionale seria che estirpi questa piaga alla radice. In un’economia che ormai non ha più confini, siamo in balìa di un vuoto di potere sovranazionale che coinvolge, anche, allo stesso tempo il destino dei migranti e quello del mercato agroalimentare: “molti prodotti non si vendono ai prezzi concordati perché non tutti gli Stati rispettano le regole del mercato: molti giocano con carte truccate a causa di un’Unione Europea e un’Onu troppo deboli”. Insomma, un vero e proprio grido di allarme e una richiesta ad agire tempestivamente, se si vogliono davvero cambiare le cose.
Sotto i riflettori anche “il tema” per eccellenza, il bilancio di Expo 2015, in cui si sono espressi Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, e Giosuè De Salvo, coordinatore di Expo dei Popoli. E la voce è unanime: “di fronte al più grande evento di tutti i tempi dedicato all’alimentazione, la sensazione è, comunque, che il cibo sia stato considerato come prodotto e non come valore, senza rispettare gli obiettivi originari che mettevano al primo posto l’educazione alimentare e la sensibilizzazione a temi come il diritto al cibo e un’alimentazione sana. Fondamentale che, a partire dal 1 novembre, gli attori della società civile agiscano all’unisono per fare la differenza. Perché è giunto il tempo di fare squadra”.
Don Luigi Ciotti e Moni Ovadia, nel Forum di “Terra Madre Giovani - We Feed the Planet”, affiancati dal vice presidente della Comunità religiosa islamica italiana Yahya Pallavicini e dal monaco indù Hamsananda Giri, hanno discusso del rapporto tra cibo e religione in una sala gremita. Ed è proprio Don Ciotti, il presidente di Libera, a rivolgersi ai giovani: “voi siete venuti qui per ascoltare il grido della terra. Il cibo deve essere di tutti, Dio dà mandato all’uomo di custodire e coltivare la terra, alle comunità, non alle multinazionali. Chiediamo la pace, per garantire a tutti l’accesso al cibo”.
Ma a “Terra Madre Giovani - We Feed the Planet” domani dibattiti sulla salute dei suoli, l’ocean (e land) grabbing, “sprecare cibo in un mondo affamato” … E negli spazi di relax i giovani contadini del mondo sviluppano le idee più innovative, si scambiano progetti e si creano legami che continueranno una volta questi ragazzi saranno tornati a casa.

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