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Dopo anni di voci, Starbucks sbarca in Italia (dal 2016): il fondatore della catena di caffetterie Usa, Howard Schultz, ha scelto il guru dei centri commerciali Antonio Percassi come “franchising partner”. Intanto, a Milano, arriva Domino’s Pizza

Se ci sono due cose che l’Italia sa fare meglio di chiunque altro, quelle sono il caffè e la pizza, dei quali siamo, senza ombra di dubbio, maestri. Sono stati gli italiani a rendere universale la cultura del caffè al bar, e senza i milioni di emigrati dei primi del ‘900, forse, la pizza sarebbe rimasta confinata a prodotto locale. E invece, oggi pizza e caffè sono tra i prodotti più amati ed imitati, specie negli Stati Uniti, dove due dei brand più forti e conosciuti sono nati proprio come declinazione a stelle e strisce dei due simboli del made in Italy: Domino’s Pizza (www.dominos.com) e Starbucks (www.starbucks.com), pronti a conquistare proprio il Paese che li ha ispirati.
L’avventura tricolore di Domino’s Pizza (la seconda catena di pizzerie Usa, fondata nel 1960, con 135.000 dipendenti, più di 11.000 locali in 70 Paesi del mondo ed un fatturato di 8,9 miliardi di euro), è cominciata da qualche giorno
, con l’apertura del primo punto vendita a Bisceglie, alla periferia di Milano, città scelta, non a caso, anche da Starbucks. La storia italiana della caffetteria di Seatlle (dove fu fondata la prima, nel 1971, oggi sono quasi 20.000 in 58 Paesi diversi, per un fatturato di 6,26 miliardi di dollari, che ne fanno il 67esimo brand più forte al mondo), dopo anni di voci, spesso e volentieri del tutto infondate, adesso sembra davvero pronta a decollare: come racconta il “Corriere della Sera” (www.corriere.it) di oggi, il creatore del Frappuccino nel bicchiere di carta, Howard Schultz ha trovato il socio giusto, il guru dei centri commerciali Antonio Percassi, che in Italia ha già aperto spianato la strada a Zara e Victoria’s Secret.
Sarà lui il “franchising partner”, l’accordo verrà chiuso prima di Natale, e dal 2016 il caffè americano più conosciuto al mondo farà il passo più delicato, quello verso la conquista del Belpaese.
La domanda che si fanno in tanti, osservatori, consumatori ed analisti è sempre la stessa: riusciranno due multinazionali del genere a farsi largo in mercati tanto concorrenziali come quelli dei bar e delle pizzerie, in un Paese abituato ad una qualità solitamente alta? Specie se si pensa al prezzo medio: da Domino’s una pizza a portar via, o per meglio dire take away, costa in media 6,78 euro, più di tante ottime pizzerie, mentre un semplice Frappuccino da Starbucks ha prezzi diversissimi da Paese a Paese, ma a Londra costa 3,80 dollari e a Parigi 5,18, almeno il triplo di un buon cappuccino in qualsiasi bar italiano ...

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