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“Gli industriali che sottopagano il latte italiano sono gli stessi che hanno tentato il colpo di mano per il via libera all’uso della polvere di latte in formaggi e yogurt made in Italy”. Così la Coldiretti nell’“assedio” a Lactalis

“Gli industriali che sottopagano il latte italiano al di sotto dei costi di produzione sono gli stessi che hanno tentato il colpo di mano per chiedere il via libera all’uso della polvere di latte nei formaggi e yogurt made in Italy”. A dirlo gli allevatori della Coldiretti che, arrivati da tutte le Regioni, continuano quello che loro stessi hanno definito “l’assedio, con trattori e mucche al seguito, alla multinazionale francese Lactalis che con l’acquisto dei grandi marchi nazionali Parmalat, Galbani, Invernizzi e Locatelli è diventata il primo gruppo del settore”.
“Siamo di fronte ad un vero ricatto straniero per la decisione del Governo italiano di confermare il no alla produzione di formaggi senza latte fresco alla scadenza dell’ultimatum da parte della Commissione Europea, fissato il 29 settembre scorso, con l’impegno diretto del presidente del Consiglio Matteo Renzi davanti ai 30.000 agricoltori della Coldiretti riuniti all’Expo. Una decisione - sottolinea la Coldiretti - supportata anche dalla petizione popolare Coldiretti alla quale hanno aderito decine di migliaia di italiani dopo la mobilitazione degli agricoltori dal Brennero a Bruxelles fino all’Expo”.
Fallito il tentativo di far saltare la legge n. 138 dell’11 aprile 1974 che ha garantito da oltre 40 anni il primato della produzione lattiero casearia italiana, il latte, sostiene la Coldiretti, “viene sottopagato a 34 centesimi al litro nonostante i costi di produzione siano in media compresi tra i 38 ed i 41 centesimi al litro in Lombardia secondo lo studio ufficiale realizzato in riferimento alla legge 91 del luglio che impone che il prezzo del latte alla stalla debba commisurarsi ai costi medi di produzione”.
“Si voleva imporre all’Italia di produrre “formaggi senza latte” ottenuti con la polvere con il rischio - tuona l’organizzazione guidata da Roberto Moncalvo - di far sparire 487 formaggi tradizionali censiti dalle Regioni italiane ottenuti secondo metodi mantenuti inalterati nel tempo da generazioni. Ed oggi, con la chiusura di 1.000 stalle in un solo anno, si rischia - denuncia la Coldiretti - di arrivare allo stesso drammatico risultato. Con un chilo di polvere di latte, che costa sul mercato internazionale 2 euro - conclude la Coldiretti - è possibile produrre 10 litri di latte, 15 mozzarelle o 64 vasetti confezioni di yogurt e tutto con lo stesso identico sapore perché viene a mancare quella distintività che viene solo dal latte fresco dei diversi territori”.
E per far conoscere le differenze oggi gli allevatori hanno anche portato il latte delle stalle italiane e preparato il vero formaggio made in Italy con l’offerta di assaggi anche ai dirigenti dello stabilimento presidiato della Lactalis.
Multinazionale che, secondo Moncalvo, nel settore lattiero caseario domina il made in Italy “e impone unilateralmente agli allevatori le proprie condizioni e beffa le ustituzioni nazionali, sottopagando il al di sotto dei costi di produzione, con le importazioni dall’estero che provocano la chiusura delle stalle, con effetti irreversibili sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla qualità dei prodotti”.
Dall’acquisizione del gruppo Parmalat da parte della multinazionale francese, nel 2011, in Italia hanno chiuso - denuncia la Coldiretti - 4000 stalle italiane, oltre il 10% del totale. Una situazione che si è aggravata nell’ultimo anno con la decisione unilaterale di ridurre del 20% i compensi riconosciuti agli allevatori. “Anche in Italia - denuncia la Coldiretti - occorre verificare l’esistenza di comportamenti scorretti nel pagamento del latte agli allevatori che hanno portato prima in Spagna e anche in Francia alla condanna delle principali industrie lattiero-casearie, molte delle quali, peraltro, operano anche sul territorio nazionale. In Francia l’Antitrust - ricorda la Coldiretti - ha multato per un importo di 193 milioni di euro 11 industrie lattiero-casearie tra le quali Lactalis, Laita, Senagral e Andros’s Novandie per pratiche anticoncorrenziali dopo che il 5 marzo scorso era intervenuto anche l’Antitrust iberico che aveva annunciato multe per un totale di 88 milioni di euro a gruppi come Danone (23,2 milioni), Corporation Alimentaria (21,8 milioni), Grupo Lactalis Iberica (11,6 milioni)”.
“Esiste un evidente squilibrio contrattuale tra le parti che determina un abuso, ad opera dei trasformatori, della loro posizione economica sul mercato, dalla quale gli allevatori dipendono”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel chiedere “un intervento dell’Antitrust a livello nazionale poiché i prezzi praticati dagli intermediari della filiera del latte fresco sono iniqui e gli allevatori manifestano ormai evidenti segni di difficoltà perché non riescono a coprire neanche i costi di produzione”. La presenza della multinazionale francese Lactalis in Italia inizia nel 2003 con l’acquisizione dell’Invernizzi, continua con quella della Galbani e della Locatelli e poi nel 2011 con la Parmalat ed infine all’inizio del 2015 con l’acquisto del Consorzio Cooperativo Latterie Friulane. A ciò si aggiunge - denuncia la Coldiretti - la strana storia della Centrale del Latte di Roma, che vede coinvolto sempre il colosso transalpino. Nel marzo del 2010 una Sentenza del Consiglio di Stato ha dichiarato la nullità della vendita della Centrale del Latte di Roma a Cirio da parte del Comune di Roma e tutti gli atti conseguenti, compresa la successiva vendita a Parmalat; pertanto le azioni della Centrale del Latte sono ritornate al Comune di Roma, il quale però, dopo cinque anni, non ha ancora avviato le procedure di recupero delle proprie azioni. Secondo la Coldiretti il progetto per il recupero della Centrale deve prevede un ruolo di partecipazione diretto degli allevatori nelle scelte che riguardano l’azienda.

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