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Dopo l’annuncio di voler lasciare la Toscana “per i troppi pestici”, Aboca fa dietrofront, sventa la crisi, non delocalizza ma si espande dopo l’intervento della Regione Toscana per una cabina di regia per far convivere agricoltura tradizionale e bio

Dopo l’annuncio di voler lasciare la Toscana “per i troppi pestici” che minacciano le sue coltivazioni di erbe medicinali biologiche in Val Tiberina e Val di Chiana, tra Umbria e Toscana, una delle aziende leader nei prodotti a base di complessi molecolari naturali smorza i toni: è Aboca, la cui possibile crisi determinata da una delocalizzazione sembra sventata, almeno per ora. L’azienda, che impiega oltre 800 persone, ha ottenuto un primo formale impegno dalla Regione Toscana affinché venga garantita la convivenza tra agricoltura tradizionale e biologica, nel rispetto della tutela dell’ambiente e della salute umana, e conferma la volontà di espandere la produzione in Val di Chiana, con altri 300 ettari che si aggiungeranno agli oltre 1.000 ettari già coltivati ad erbe officinali, dalla camomilla alla melissa, alla menta e alla grindelia, solo per citarne alcune tra le 70 specie, che rappresentano la materia prima dei preparati medici che il colosso produce e commercializza in Italia e all’estero.
“Siamo fiduciosi nella istituzione della cabina di regia guidata dalla Regione Toscana - ha detto all’Adnkronos Valentino Mercati, presidente di Aboca - ora spetta a loro, ai 4 organismi chiamati in causa (Arpat, Asl Noe e Nas) far rispettare le norme vigenti. Abbiamo rinunciato alle contrapposizioni con i tabacchicoltori. Siamo terrorizzati dagli Ogm, ci preoccupano molto e in Italia c’è tanta disinformazione - sostiene Mercati - tutti gli allevamenti sono transgenici perché gli animali si cibano di mangimi Ogm e il pericolo di contaminazioni è reale per le nostre coltivazioni: deriva dalle deiezioni del bestiame. Noi facciamo continuamente analisi per vedere se ci sono contaminazioni e inquinamento indiretto”. E sulle sostanze usate in agricoltura Mercati spiega che “il problema sarà cruciale a maggio, quando la nicotina e i pesticidi si spanderanno nell’ambiente, bisognerà vedere se le norme saranno rispettate, soprattutto in Umbria, perché non sappiamo ancora come si vuole muovere questa Regione dove abbiamo circa 400 ettari coltivati e uno stabilimento a Citerna” in provincia di Perugia.
Per sventare il rischio di contaminazioni su coltivazioni bio, Aboca ha bisogno di grandi estensioni di terreno, di almeno 100 ettari, in modo da avere delle fasce cuscinetto che possano ammortizzare eventuali passaggi di inquinanti, dai pesticidi agli Ogm. D’altra parte l’azienda, che ha il suo quartier generale a San Sepolcro, in provincia di Arezzo, impiega 830 dipendenti ed è in piena espansione con un fatturato previsto per il 2015 di 120 milioni di euro e di 180 milioni di euro previsti nel 2016, con numerose filiali in America, Polonia, Spagna, due succursali in Francia e Germania e un ufficio a Hog Kong. Prossimamente Aboca espanderà le coltivazioni in Marocco. Un Paese abbastanza vicino dove è possibile esportare, con una certa facilità, lo staff tecnico con una formazione talmente specializzata in agricoltura biologica da non poter essere reperita in loco.

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