Se c’è un settore destinato a crescere nei prossimi anni, è quello del food delivery, ossia delle consegne di cibo a domicilio, che, secondo gli studi di Rocket Internet (www.rocket-internet.com), nel 2019 varrà qualcosa come 90 miliardi di dollari, ossia il 16% dell’intero fatturato del comparto della ristorazione a livello globale. Ecco perché, su questo campo, la sfida tra i big dell’economia digitale si sta facendo quanto mai calda: da una parte “Uber” (www.uber.com), pronta a trasformare la sua rete capillare di autisti in pony express addetti alle consegne di pasti, espandendosi così ben oltre il ride-sharing.
L’app americana infatti è pronta a lanciare “UberEats” in almeno dieci grandi città degli Stati Uniti, consentendo quindi agli utenti di ordinare cibo da una lista di ristoranti convenzionati e riceverlo poi a casa entro pochi minuti, sfruttando le corse degli autisti, come in realtà succede già in alcune metropoli durante l’orario del pranzo. Un modello certamente applicabile anche in altri mercati e, non a caso, Uber è già alla ricerca di un direttore generale a cui far gestire il servizio a Parigi. Dall’altra, il principale competitor, Amazon (www.amazon.com), il gigante di Jeff Bezos che, proprio in questi stessi giorni, ha annunciato l’intenzione di introdurre “Amazon Restaurants” anche a Chicago, per i clienti abbonati a Prime Now.
Nel Vecchio Continente, invece, sono attive in questo settore soprattutto aziende nazionali, con “Alloresto”, “Resto-Inn” e “Chronoresto” in Francia, “Take Eat Easy” in Belgio, “Deliveroo” in Gran Bretagna e “Foodora” in Germania.
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