Dalle fettine agli ormoni al pollo alla varechina che rischiano di finire nel piatto dei cittadini italiani e dell’Unione Europea, ma anche carne e latte provenienti da animali clonati come la pecora dolly che sono liberamente ammessi negli Usa come la coltivazione di Ogm, fino alla presunzione statunitense di continuare a sfruttare impropriamente i nomi dei più prestigiosi prodotti alimentari italiani, dal Chianti al Marsala, ma anche Provolone o Parmesan. Lo afferma la Coldiretti nel denunciare i nodi critici del negoziato sul Transatlantic Trade & Investment Partnership (Ttip), l’accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America.
“L’Unione Europea non può rinunciare agli elevati standard di qualità raggiunti nell’agroalimentare ma al contrario bisogna guardare alle domande che vengono dal mercato sia in Europa che in Usa ed innalzare il livello di sicurezza dei prodotti perchè se è vero che per i nostri consumatori è inaccettabile la carne trattata agli ormoni, il pollo varechinato, piuttosto che la carne clonata è altrettanto vero che anche negli Usa cresce solo la domanda di prodotti Made in Italy legati al territorio con forte natura identitaria e garantiti dal punto di vista della sicurezza alimentare ed ambientale” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Per la prima volta, le esportazioni agroalimentari Made in Italy in Usa hanno superato nel 2015 i 3,6 miliardi di euro con un aumento record del 20 per cento ma a crescere - riferisce la Coldiretti - sono stati soprattutto i prodotti “Doc” garantiti da precisi disciplinari a partire dal vino Made in Italy che è il prodotto italiano più apprezzato dagli americani con 1,3 miliardi.
In questo contesto - continua la Coldiretti - si pone un evidente problema di tutela delle denominazioni dei prodotti Made in Italy sul mercato statunitense dove il cosiddetto fenomeno dell’Italian sounding vale 20 miliardi di euro, secondo la Coldiretti. Il 99% dei formaggi di tipo italiano - sottolinea la Coldiretti - sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York, dal Parmesan al Romano senza latte di pecora, dall’Asiago al Gorgonzola fino al Fontiago, un improbabile mix tra Asiago e Fontina. Ma - denuncia la Coldiretti - c’è anche il Chianti prodotto in California, mentre sempre negli States è possibile acquistare del Marsala Wine. Il fenomeno del falso vino “Made in Italy” trova un forte impulso anche dalle opportunità di vendita attraverso la rete dove è possibile acquistare da aziende statunitensi pseudo vino ottenuto da polveri miracolose contenute in wine-kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Verdicchio, Lambrusco o Montepulciano. Il Made in Italy tarocco a stelle e strisce però - ricorda la Coldiretti - colpisce tutti i comparti dell’export tricolore, dai pomodori San Marzano all’olio d’oliva fino ai salumi.
I negoziati - conclude la Coldiretti - riguardano, però, anche con l’obiettivo di garantire un miglior accesso al mercato americano in diversi settori, risolvendo parallelamente la questione delle barriere non tariffarie (ovvero quelle norme tecniche e le restrizioni sanitarie e fitosanitarie che secondo la Coldiretti ostacolano il commercio ad esempio per l’olio di oliva e l’ortofrutta).
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