Si discute tanto, nel Belpaese, della maturità professionale degli chef nostrani, sempre però più spesso ospiti di talk-show o essi stessi protagonisti di programmi televisivi, della loro fantasia e del loro coraggio gastronomico, come fossero veri e propri artisti. Ma al “Bocus d’Or” (www.bocusedor.com), tra i più importanti concorsi di cucina, una sorta di “olimpiade dei fornelli” (nata nel 1987 da un’idea dello chef francese Paul Bocuse, e organizzata dalla francese Gl Events) per il Belpaese arriva ancora una delusione.
Nelle finali europee, in Ungheria, a trionfare è stato il giovane Tamas Széll, chef del ristorante Onyx di Budapest, seguito dallo chef norvegese Christopher William Davidsen e, completare il podio, da quello svedese Alexander Sjogren.
E l’Italia? L’Italia, appunto, nonostante l’impegno di Marco Acquaroli, Marco Leandri e Fabio Tacchella, rispettivamente chef in gara, commis e coach, alle prese con storione e cervo, non rientra nei primi undici Paesi che si giocheranno i mondiali ai fornelli di Lione.
Oltre i primi tre classificati, altri otto chef saranno alla finale di Lione 2017 per il “Bocuse d’Or mondiale”, a rappresentare Francia, Islanda, Finlandia, Olanda, Svizzera, Belgio, Danimarca, Estonia.
L’Italia nelle precedenti edizioni del premio, è andata alle finali mondiali solo una volta, e solo grazie al ripescaggio con la “wild card”, fatta salva la menzione per il Miglior Piatto di Pesce nell’edizione 1999 di Paolo Lopriore.
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