L’eco delle stragi è forte più che mai (“cosa deve dire un povero disgraziato di fronte a fatti simili?”, Umberto Eco), e Parigi ora attende, incredula, la piena della Senna. Ma la Ville Lumière lotta e tiene duro. E lo fa anche attraverso la cucina, vero e proprio patrimonio nazionale, parte integrante della cultura francese - le sale vuote del Musée du Louvre e la chiusura del Musée d’Orsay e della Sorbona, di fronte alle minacciose acque del fiume, mettono i brividi - e con cui la cultura si fa e si trasmette, favorendo lo scambio con le tradizioni di Paesi diversi, grazie proprio alla tavola. Per questo il primo “Refugee Food Festival”, segnalato da Vita.it e di scena nella capitale francese, quando, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato (20 giugno), dal 17 al 21 giugno, i ristoranti parigini apriranno le loro cucine agli chef rifugiati di Paesi in guerra, è un evento davvero speciale: attraverso la cucina, si fa integrazione.
Il “Refugee Food Festival” è un vero e proprio Festival culinario, ideato da Marine & Louis, due videomaker autori della serie di trasmissioni sulle cucine del mondo Food sweet food (www.foodsweetfood.org) in collaborazione con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel quale ai fornelli dei ristoranti di Parigi ci saranno assieme chef famosi e colleghi di Paesi in guerra, dalla Siria alla Costa d’Avorio, dallìIran allo Sri Lanka, nel segno di una passione comune.
“La cucina è una porta d’ingresso al mondo - spiegano i promotori nel Manifesto del Festival - è l’ultimo baluardo contro la barbarie, la solitudine, le difficoltà. La cucina è la vita, l’amore, la famiglia e gli amici. La cucina è un punto di incontro universale tra gli individui appartenenti a culture diverse. Riesce a far conoscere a fondo l’altro grazie alla condivisione di ciò che al tempo stesso è la cosa più personale ed universale: il cibo”.
Info: www.refugeefoodfestival.com
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