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Tutti pazzi per lo street food all’italiana: se per gli italiani è tradizione consolidata (fin dagli antichi romani, mentre il 65% lo ha consumato da inizio anno), il 62% degli stranieri in vacanza fa food shopping di cibo di strada. Così Coldiretti

Quasi due italiani su tre (65%) hanno consumato cibo di strada nel 2016 con la domanda che cresce con l’arrivo dell’estate perché concilia la praticità con il costo contenuto, ma anche perché rappresenta una forma di vendita particolarmente apprezzata dai turisti. È quanto emerge da un sondaggio on line su www.coldiretti.it in occasione della mobilitazione di migliaia di agricoltori nei giorni scorsi a Roma “per difendere l’identità alimentare nazionale che rischia di sparire dai centri storici dove ha rappresentato per secoli un valore aggiunto inestimabile dal punto di vista culturale e turistico. Tra coloro che mangiano cibo di strada ad essere nettamente preferito dall’81% è infatti il cibo della tradizione locale, mentre il 13% sceglie quello internazionale come gli hot dog e solo il 6% i cibi etnici come il kebab, in netto calo rispetto al passato”. Ma, secondo lo studio sul “Cibo di strada tra rischi ed opportunità”, anche più di sei stranieri su dieci nelle vacanze in Italia fanno shopping di cibo che viene acquistato nel 39% dei casi proprio nei mercati di strada e dagli ambulanti che rappresentano la forma di vendita più genuina per i turisti.
Il fenomeno del cibo di strada ha radici molto antiche che risalgono al tempo dei Romani dove gran parte della popolazione era spesso solita gustare i pasti in piedi e velocemente in locali aperti in prossimità della strada. Per questo l’Italia con le sue numerosissime golosità gastronomiche può vantare una tradizione millenaria come dimostrano le diverse specialità locali apprezzate dagli amanti dello street food come gli arancini siciliani, la piadina romagnola, le olive ascolane, i filetti di baccalà romano, gli arrosticini abruzzesi, la polenta fritta veneta, le focacce liguri, il pesce fritto nelle diverse località marittime e gli immancabili panini ripieni con le tipiche farciture locali che vanno dai salumi ai formaggi senza dimenticare la porchetta laziale. Con gli stili di vita salutistici spazio anche all’innovazione nella tradizione con la crescente offerta di prodotti salutistici come la frutta presentata in tutte le diverse forme, dai centrifugati ai frullati, dagli smoothies ai pezzettoni, insieme alla classica fetta d’anguria.
Il food shopping riguarda ben il 62% degli stranieri e batte nettamente negli acquisti i tradizionali souvenir (50%), l’abbigliamento (48%) e l’artigianato (25%), secondo le elaborazioni Coldiretti sullo studio “In viaggio attraverso l’Italia” di Confimprese. La passione per il cibo raggiunge l’apice per i russi con una percentuale dell’87%, spinta anche dall’embargo che ha fatto sparire i prodotti italiani dalle loro tavole, ma è trasversale per tutti i Paesi dell’indagine dalla Germania all’Inghilterra, alla Francia, ma anche Usa, Cina, e Giappone.
“Un patrimonio che va adeguatamente tutelato - sottolinea Coldiretti - poiché può rappresentare un volano economico dalle grandi potenzialità, specie se si considera che nell’Italia del futuro ci saranno più di due cuochi per ogni operaio, con la crisi che ha cambiato profondamente le aspirazioni dei giovani e ha provocato il crollo delle iscrizioni agli istituti professionali a indirizzo industriale rispetto al boom delle scuole di enogastronomia e turismo, come dimostrano le iscrizioni all’alberghiero degli ultimi anni”. “Come è già stato proposto in alcune realtà, l’introduzione di un regolamento che obblighi le future attività a proporre prodotti locali significa imprimere un impulso economico ai sistemi agroalimentari locali, ma anche qualificare l’offerta delle città minacciata dalla banalizzazione e dall’omologazione”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare “la massima disponibilità a collaborare con le Amministrazioni mettendo a disposizione imprese e prodotti grazie alla fondazione Campagna Amica che è la più vasta rete di vendita diretta organizzata dagli agricoltori a livello mondiale”.

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