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Il Consorzio Nazionale degli Olivicoltori festeggia le 50 candeline e traccia la strada per il futuro dell’olio italiano, che passa per le spremute di monocultivar per valorizzare la qualità sui mercati. Puntando anche sui benefici sulla salute

Non Solo Vino
Olii monocultivar per valorizzare il prodotto e avere più valore aggiunto, sul modello del vino con i suoi vitigni

Nonostante un export positivo, e un fatturato complessivo da 3 miliardi di euro, il settore olivicolo italiano soffre di forti pressioni sui prezzi, e quindi sui margini, di un deficit di ricambio generazionale e di contraffazioni massicce - anche al netto del conto, piuttosto salato, che l’epidemia di Xylella ha portato in dote. Ed è per questo che il Consorzio Nazionale degli Olivicoltori (Cno, www.cno.it) ha colto l’occasione dei propri primi 50 anni per tracciare una strategia di lungo periodo;una strategia che, un po’ sulla falsariga di quanto avvenuto col vino, punta ad aumentare il più possibile il proprio valore aggiunto tramite le spremute di singole varietà di olive. Leccino, Coratina, Frantoio, Moraiolo, Ogliarola, Barese e così via, in quest’ottica, dovrebbero diventare l’equivalente dei vitigni più blasonati del Belpaese.
Questa strategia, oltre a poter senz’altro essere una strada, sottolinea davvero quanto l’esempio del settore vitivinicolo possa aver “fatto scuola”, e passa anche per un possibile vantaggio competitivo non da poco, considerato il fatto che l’extravergine di oliva è - al pari del vino - una delle pietre angolari della sempreverde dieta mediterranea. Ovvero la salute: proprio il Cno da anni accompagna una ricerca dell’Università di Bari che dimostra i benefici che il regolare consumo di olio apporta all’organismo, soprattutto se di singole cultivar di olive. “Il salto di qualità”, ha puntualizzato il Presidente del Cno Gennaro Sicolo, “lo faremo producendo e promuovendo gli oli extravergini d’oliva mono-varietali. Probabilmente tra cinquant’anni dire olio extravergine d’oliva sarà come dire vino, quindi una definizione generica che non dà connotazione al prodotto”. Una strategia condivisa dal presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, secondo il quale “non basta più dire che un olio d’oliva sia italiano per reputarlo migliore di altri, ormai non può essere più l’unico elemento per vincere sul mercato”.

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