Dopo un percorso lungo e accidentato, Suvignano, tenuta confiscata alla mafia i cui terreni ricadono per 685 ettari nel comune di Monteroni d’Arbia e per 18 in quello di Murlo, in provincia di Siena, diventerà un polo agriturisrico, con produzione di olio, vino , formaggi, allevamento e anche strutture per l’ospitalità. È quanto prevede l’intesa firmata dall’Assessore alla Legalità della Regione Toscana Vittorio Brugli, dal viceministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero e dai sindaci dei Comuni di Monteroni d’Arbia, Gabriele Berni e di Murlo, Fabiola Parenti, che da oggi ne sono gli assegnatari designati. E che ha sventato così il rischio, paventato nel 2013, che la proprietà venisse messa sul mercato, all’asta, con la possibilità di tornare nelle mani della criminalità organizzata.
Il protocollo, spiega una nota, che dura cinque anni ed è rinnovabile, prevede che Suvignano sia oggetto di un progetto pilota di agricoltura sociale, un modello innovativo di impresa per la gestione dei beni confiscati alla criminalità, che potrà rappresentare il prototipo per altri interventi di questo tipo in Italia.
Una storia lunga e complessa quella che ha coinvolto la tenuta: nel 1983 Giovanni Falcone, sospettando rapporti dell’imprenditore Vincenzo Piazza con Cosa Nostra, sequestrò i suoi beni, inclusa la tenuta toscana, ma Piazza riuscì a farseli restituire. Nel 1994, però, fu arrestato proprio a Suvignano per associazione mafiosa, e nei successivi due anni i magistrati siciliani gli sequestrarono beni per 2.000 miliardi di lire, affidandoli a un amministratore giudiziario. Secondo le accuse, Vincenzo Piazza, un distinto gentiluomo, era l’immobiliarista di Cosa Nostra. Nel 2007, quando la sua condanna è passata in giudicato, i suoi beni sono stati definitivamente confiscati.
Ora Suvignano, con i suoi oltre 700 ettari complessivi (di cui 527 a seminativo, 97 di bosco, 4,8 ad uliveto e 3,3 a pascolo, con 260 di questi all’interno di un’azienda faunistico-venatori), e con la gestione che sarà probabilmente affidata ad una cooperativa, tornerà a produrre olio, orzo per il birrificio locale, farro, frutta e verdura, e anche vino, ma anche a fare allevamento di cavalli, capre, asini e suini, a produrre formaggio e carni, tutto da lavorare e confezionate sul posto, e da vendere sia alla grande distribuzione sia attraverso la filiera corta e i mercati alternativi come i Gas (gruppi di acquisto solidale) o i farmers market, o all’interno del punto vendita aziendale che sarà aperto nella ex cantina. E farà anche attività di agriturismo, con 65 posti letto, tra le 17 case coloniche all’interno della proprietà. Insomma, una nuova pagina per la più grande realtà agricola confiscata alla criminalità organizzata nel Centro Italia.
“Undici anni sono molti, troppi, ma oggi è un giorno importante per Suvignano, per tutti coloro che si sono impegnati per raggiungere questo obiettivo, e per una Toscana - ha detto il presidente della Regione Enrico Rossi - che vuole essere libera dalle mafie. Abbiamo un progetto pilota e che mi auguro sia di riferimento per l’assegnazione e l’utilizzo sociale, ed in tempi più rapidi, di tutti i beni sottratti alla criminalità. Un lavoro che mi auguro sia di buon auspicio per arrivare a raggiungere lo stesso risultato anche per tutti gli altri beni in attesa di assegnazione, che in Toscana sono circa 170. Ringrazio anche gli enti locali, protagonisti di quella strategia della condivisione e dell’unità tra istituzioni e società civile che è il segreto di successi come questo. Auguri e buon lavoro a chi curerà Suvignano. Quando sarà il momento ci tornerò per far sentire la vicinanza di tutta la Toscana”.
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