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In un mondo sempre più globalizzato, c’è chi resiste, da decenni, agli Ogm e alle multinazionali: a WineNews l’attivista francese José Bové, tra i leader del movimento “No Global” e la nutrizionista, e la nutrizionista e scrittrice Usa Marion Nestle

Agricoltura, alimentazione e cibo, negli ultimi 30 anni, hanno assunto un valore sociale e culturale enorme, tanto che una delle figure centrali del movimento “No Global” è stato, ed è tuttora, José Bové, attivista e sindacalista francese che, dal 1987, ha fatto della lotta per i diritti dell’uomo e dell’ambiente una vera ragione di vita. Una lotta vissuta attraverso battaglie epocali, da quella contro gli Ogm, che ha portato al loro divieto in Europa, a quella contro le importazioni di carne bovina trattata con gli ormoni dagli Usa, che, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, ha innescato una vera e propria guerra commerciale con la Francia. Oggi, il mirino si sposta sugli accordi di libero scambio tra Usa ed Europa e, soprattutto, sul controllo del sistema alimentare e delle sementi, ormai in mano ad una manciata di multinazionali.

“Una realtà che porta con sé diversi problemi - spiega José Bové a WineNews, dal convegno “Loro sono giganti, ma noi siamo la moltitudine”, di scena al Teatro Carignano di Torino nella cornice di “Terra Madre Salone del Gusto” (fino al 26 settembre a Torino, www.salonedelgusto.it) - a partire dal fatto che le sementi Ogm sono legate a brevetti, e quindi i contadini, quando acquistano queste sementi pagano delle royalties, ed è illegale riutilizzare dei semi che hanno un brevetto. Questo è il primo problema, che oggi ci troviamo di fronte ad una privatizzazione dei semi, che colpisce i contadini e la biodiversità. Il secondo problema è che tutte queste sementi sono fatte per resistere a degli erbicidi e degli insetticidi, perché le compagnie come Monsanto e Bayer, che sono le più grandi compagnie mondiali del settore, vendono i semi e producono al contempo i trattamenti, creando una sorta di conglomerato capace di controllare tutta la produzione alimentare, e questo è un problema gigantesco rispetto alla sovranità alimentare ed al diritto dei contadini e dei cittadini ad alimentarsi”.

Ecco perché l’agricoltura è diventata, anche in termini rivoluzionari, paradigma stesso della vita. Anche se “abbiamo un problema da affrontare, quello dei cittadini che sono dominati da questa agroindustria. Oggi - continua l’attivista francese - di fronte a questa scelta i cittadini possono dire di no, possono cambiare il modo di alimentarsi, e direi che è un movimento già esistente, l’Europa è l’unico continente in cui la maggioranza dei cittadini ha rifiutato gli Ogm, il 75% degli europei non li vuole in agricoltura ed in ciò che mangia. È un movimento a cui tutti possono partecipare, attraverso ciò che ognuno di noi acquista e mangia, per cominciare a cambiare il mondo”.

Un cambiamento che vive una storica dicotomia con gli Stati Uniti, dove allevamenti intensivi ed Ogm sono all’ordine del giorno: “dobbiamo continuare a combattere perché la logica dell’agroindustria americana è chiara, vuole dominare gli standard e creare un modello in cui l’approccio industriale sia quello dominante. Abbiamo i mezzi per agire, intanto opponendoci al trattato di libero scambio con gli Stati Uniti, ma anche contro quello con il Canada: chiedo a tutti i cittadini - conclude Bové - di telefonare o scrivere, su carta o per mail, al Primo Ministro italiano e dirgli “noi non vogliamo l’accordo di libero scambio con il Canada”.

Meno tumultuosa è invece la carriera di Marion Nestle, l’altra protagonista del convegno e tra le massime esperte mondiali di nutrizione, con alle spalle 15 ani di docenza in una delle università più prestigiose degli Stati Uniti, la New York University, e autrice di testi fondamentali sulla critica al mondo dell’industria alimentare e sul cibo come atto politico, perché, come spiega a WineNews, “prima di tutto noi votiamo con la forchetta, e questo avviene ogni volta che scegliamo un cibo, ecco perché dovremmo scegliere prodotti slow, artigianali, fatti da qualcuno che rispettiamo. Poi c’è il voto politico, quello delle elezioni, e dovremmo usarlo per farci governare da persone che incentivino i piccoli produttori che producono cibo ottimo e delizioso. È la sfida del decennio, e penso che se un numero sufficiente di persone deciderà di muoversi verso questa scelta, esse andranno a formare un mercato, e visto che le corporazioni del cibo sono guidate dal mercato ... guidiamo il mercato!”.

Chi, dopo il voto popolare, ha fatto molto per l’educazione alimentare, è senza dubbio l’amministrazione Obama, anche grazie all’attività di Michelle, di cui la Nestle si dice “una grandissima fan, specie della sua campagna “Let’s move”. Penso che l’idea di salvare i bambini dall’obesità sia bellissima, e Michelle l’ha portata avanti in maniera bi-partisan, perché tutti hanno a cuore la salute dei bambini, sicuramente non si aspettava una così feroce opposizione. Se tutti i bambini adottassero un’alimentazione sana molte multinazionali perderebbero profitti, e questo a loro non piace. Il fatto che abbia utilizzato tutto il suo tempo a combattere l’industria alimentare è molto triste, l’industria alimentare avrebbe invece dovuto aiutarla. Grazie a lei, comunque, il cibo è diventato centrale nella cultura americana, ed ora - conclude la nutrizionista e scrittrice americana – speriamo che duri”.

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