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Protagonista della ricostruzione del rapporto tra uomo e terra è il mondo contadino, che ha al suo fianco una galassia di grandi chef pronti ad interpretare appieno il proprio ruolo sociale, culturale e politico, da Olivier Roellinger a Altin Prenga

Ripartire da un’agricoltura ecologica, equilibrata e consapevole è la chiave per ricostruire un rapporto sano tra l’uomo e la sua terra, in una logica di gestione delle risorse naturali che ha un protagonista quasi assoluto: il contadino, che del proprio lavoro deve vivere degnamente, in Sud America come in Europa, contando su degli alleati importanti, i grandi chef. Che, ormai, non si occupano e non si preoccupano più soltanto di cucinare, ma hanno assunto piena consapevolezza del ruolo sociale, culturale e persino politico del proprio mestiere, come emerge dal convegno “Se i grandi chef si alleano con i contadini”, a “Terra Madre Salone del Gusto” (fino a domani a Torino, www.salonedelgusto.it), con i grandi “cuisinier” francesi Michel Bras e Olivier Roellinger, il giovane “agrichef” albanese Altin Prenga e la chef urbana Cristina Bowerman (Glass di Roma), che negli anni hanno costruito una rete di relazioni professionali con le comunità agricole dei proori territori diventate presto esempi virtuosi.

“Oggi un cuoco di qualità - spiega a WineNews Olivier Roellinger - ha ovviamente il dovere di fare della buona cucina per i suoi clienti, ma non è l’unica cosa che conta. Deve essere d’esempio per tutti i suoi collaboratori, ma essere anche vigile e sensibile rispetto a ciò che succede nella vita reale, a partire dalla propria comunità, dalla scuola all’università, passando per il livello politico, su cui fare pressioni affinché il tema dell’alimentazione diventi materia di studio, senza dimenticare gli ospedali, dove si deve mangiare sano. Inoltre - continua Roellinger - i cuochi devono farsi portavoce di tutti i migliori produttori, del mare e della terra, del proprio Paese. Il nostro ruolo è quello di mettere in luce questi prodotti, andandoli a scegliere e selezionare nei mercati, ed imparando a trasformarli rapidamente rispettandone gusto e proprietà, senza lunghe cotture di ore ed ore, perché con i produttori locali si mangia sano, buono e giusto. Ma se le persone non cucinano, e continuano ad acquistare piatti pronti e cose simili, diamo tutto il potere in mano ad un pugno di multinazionali che si sono appropriate dell’alimentazione del mondo. L’85% dei prodotti alimentari, oggi, è acquistata tra gli scaffali dei supermercati, ed in Francia esistono praticamente quattro grandi catene: questo vuol dire che ci sono quattro persone che decidono cosa debba mangiare l’85% della popolazione, è inaccettabile, non possiamo lasciare il potere in mano a questa gente, per questo i cuochi di qualità - conclude lo chef tristellato Michelin - devono avere ogni giorno una sola ossessione, che non deve essere solo quella di farsi un nome sulle guide, ma di avere e condividere una visione con la sua comunità ed essere di esempio: quello è un grande cuoco, o una grande cuoca”.

Tra gli esempi e le storie di come il ruolo del mondo della cucina possa trainare un’intera comunità c’è quello del giovane cuoco ed imprenditore albanese Altin Prenga, che dopo anni a lavorare in Italia, ha deciso di tornare a casa, nel 2009, a Blinisht, nelle campagne a nord di Tirana, “dove i contadini sono contadini per necessità, non per scelta, e dove gli anni della dittatura di Enver Hoxha, che ha nazionalizzato fino all’ultima capra e l’ultimo maiale, hanno distrutto un intero patrimonio di tradizioni gastronomiche. Quando ho deciso di tornare a casa - racconta Altin a WineNews - mi hanno preso tutti per matto, ma io avevo ben chiaro ciò che volevo fare, e l’esperienza di Slow Food è stata fondamentale. Il fatto che sia un esempio straniero, in un Paese come il nostro, ha reso tutto più credibile, perché nei grandi ristoranti di città si ha la concezione del buono solo se si parla di prodotti stranieri. Noi abbiamo ribaltato il paradigma: al “Mrizi i Zanave” ho coinvolto, con mio fratello, 300 contadini della zona, da cui ormai compro l’intera produzione, dalla carne al formaggio, dalle verdure alle uova, tutto ciò che non usiamo al ristorante, dove cuciniamo 60.000 pasti all’anno (con vip e politici ormai clienti fissi del ristorante di campagna, ndr), lo vendiamo nel nostro shop interno, oppure - conclude Prenga - lo acquista una rete di ristoratori che abbiamo creato in questi anni”.

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