È ormai cosa fatta la mega-fusione tra AB InBev e SabMiller da 103 miliardi di dollari da cui nascerà il colosso mondiale della birra. Ieri AB InBev ha incassato il via libera degli azionisti di SabMiller che hanno approvato l’operazione con il 95,46% di voti a favore, siglando l’unione dei due giganti mondiali che chiude una complessa partita iniziata ormai un anno fa. Un processo diventato particolarmente lungo e articolato soprattutto per le obiezioni sollevate dalle autorità Antitrust di tutto il mondo. AB Inbev - multinazionale nata nel 2008 dalla fusione tra il gigante belga InBev e quello americano Anheuser-Busch - già possiede tramite le sue controllate oltre 200 marchi di birra, tra cui Budweiser, Beck’s, Foster e Stella Artois. Sabmiller, fondata in Sudafrica nel 1895, ha messo mano a una aggressiva campagna di espansione acquistando marchi locali e produzioni in Europa, Asia e in America per arrivare poi nel 2005 a conquistare anche la storica Peroni. Tra gli altri marchi più noti Grolsch e Pilsner Urquell.
E così, per ottenere il via libera dell’Antitrust europeo, Ab Inbev ha dovuto vendere alcuni brand europei di SabMiller come Peroni, Grolsch e Meantime e anche altri statunitensi e cinesi. In totale le dismissioni hanno raggiunto i 16,5 miliardi di dollari.
Il “delisting” di SabMiller è fissato per il 4 ottobre, per poi arrivare il 10 ottobre al completamento della fusione che porterà AB Inbev a generare un fatturato di 55 miliardi di dollari vendendo una birra su tre in tutto il mondo. La multinazionale belga dominerà la nuova entità facendo sparire il nome dello storico brand e inglobando ai vertici un solo top manager di SabMiller.
“Ab Inbev sta pagando un prezzo pieno, può fare con la società ciò che vuole - ha commentato il presidente di SabMiller Jan du Plessis a margine dell’assemblea odierna degli azionisti - questo è il modo in cui funziona la vita e va bene così”.
La fusione consente ad AB Inbev di mettere piede in Africa dove SabMiller aveva iniziato alla fine dell’800 con la vendita di birra ai minatori sudafricani. La multinazionale belga conta di ottenere sinergie per 1,4 miliardi all’anno anche attraverso il taglio di circa 5.500 posti di lavoro nella nuova società, pari al 3% della forza lavoro.
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