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Pausa pranzo, se fatta di fretta e senza costrutto a risentirne non è solo la salute del lavoratore, ma anche quella dell’azienda, dato che un pasto non corretto al lavoro riduce del 20% la produttività. A dirlo il Consiglio Nazionale delle Ricerche

97 milioni di giornate lavorative: a tanto, secondo dati Inail, ammonta il costo di un’alimentazione non corretta sul posto di lavoro, se si considerano le numerose patologie che le cattive abitudini in pausa pranzo ingenerano a livello aggregato sui posti di lavoro del nostro paese, senza contare che una persona obesa si assenta fino a 1,5 volte in più rispetto ad un collega normopeso. A dirlo il Dipartimento di Scienze Bio-Alimentari e il Servizio Prevenzione e Protezione del Comitato Nazionale delle Ricerche (www.cnr.it), secondo i quali è necessario sottolineare le regole da seguire per quei due terzi di italiani che abitualmente consumano un pasto fuori casa. Tanto per cominciare, mai mangiare davanti alla scrivania, indipendentemente da cosa si sta mangiando: oltre a non godere a livello psicologico di una pausa dal flusso operativo, non si memorizza a sufficienza il fatto di aver mangiato, e quindi si è portati a compensare il pasto in questione con “aggiunte”, per di più spesso di cattiva qualità nutrizionale. Inoltre, specialmente al Mezzogiorno, è necessario fare molta attenzione alle quantità e ai condimenti dei piatti, e cercare il più possibile la varietà negli alimenti, senza mai farsi mancare le essenziali frutta e verdura.

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