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Il giorno più atteso è arrivato: stanotte gli Usa sceglieranno il loro prossimo Presidente. A confronto le politiche ambientali, agricole ed alimentari dei due candidati alla Casa Bianca, la democratica Hillary Clinton ed il repubblicano Donald Trump

Non Solo Vino

Il giorno più atteso, non solo dagli americani, ma dal mondo intero, è arrivato: stanotte gli Stati Uniti voteranno il prossimo Presidente, che dovrà fare i conti con un’eredità importante ed ingombrante, quella della presidenza Obama. In corsa, in un clima di incertezza che pareva impossibile appena qualche giorno fa, la democratica Hillary Clinton ed il tycoon repubblicano Donald Trump, all’ultimo atto di una campagna in cui non si sono certo risparmiati, anche se i contenuti, spesso e volentieri, sono finiti in secondo piano. Eppure, anche in materia di agricoltura, politiche ambientali e politiche della salute, di differenze ce ne sono, e profonde. Nel programma del Partito Democratico, infatti, i cambiamenti climatici sono presi estremamente sul serio, tanto da prevedere un summit s’emergenza sul clima nei primi 100 giorni della nuova amministrazione. Al contrario, il Partito Repubblicano vorrebbe abolire l’agenzia per la protezione ambientale (Environmental Protection Agency), ed il suo candidato, Donald Trump, ritiene che quella del riscaldamento globale non sia altro che una bufala ordita dai cinesi, tanto di dichiarare l’intenzione di abrogare, in caso di elezione, il Trattato di Parigi.
Idee diverse, e ben più complesse, anche riguardo al mondo agricolo ed alle politiche che lo dovranno regolare, con evidenti ricadute sulle politiche alimentari. Il braccio destro di Hillary Clinton, in questo ambito, sarà Tom Vilsack, ex Governatore dell’Iowa e Segretario del Dipartimento dell’Agricoltura negli 8 anni della Presidenza Obama: un segnale di continuità, a partire dalle politiche in favore della sostenibilità ambientale in agricoltura e per le coltivazioni biologiche. La Clinton, da senatrice, ha appoggiato il “Farm Bill Conservation Program”, che aiuta i contadini a diminuire l’uso della chimica, e si è anche battuta contro il commercio di carni imbottite di ormoni. Senza dimenticare che, anche se all’epoca la cosa faceva molto meno notizia di oggi, durante la presidenza del marito Bill (diventato vegano da qualche tempo) Hillary, alla Casa Bianca, coltivava un orto 100% bio. Certo, stridono le dichiarazioni sugli Ogm, ma l’appoggio ad una tecnologia che, potenzialmente, potrebbe aiutare a sfamare milioni di persone in tutto il mondo, in fin dei conti, non è poi così incomprensibile.

E Trump? Il programma repubblicano, in realtà di cibo ed agricoltura quasi non parla, e non esiste uno storico delle attività politiche del tycoon, perché politica non ne ha mai fatta. E allora, per cercare di capirne le intenzioni, bisogna districarsi tra twitt e risposte date durante interviste e dibattiti. Innanzitutto, si è detto contrario all’indicazione in etichetta dei cibi prodotti da Ogm, scelta condivisa dal responsabile agricoltura del suo partito, il senatore Pat Roberts. Per capire poi l’approccio al food di Trump, basta l’intervista rilasciata qualche settimana fa al “Washington Post”, in cui dichiarava candidamente di mangiare spesso nei fast food, tanto da farsi immortalare più volte tra fish burger ed alette di pollo fritte. Non un grande esempio, per un Paese che negli ultimi anni ha deciso di combattere seriamente, con la campagna “Let’s Move” il problema dell’obesità. Insomma, non sembra avere le idee chiare il candidato repubblicano, ma pare aver già scelto l’eventuale consigliere in campo agricolo in caso di vittoria: Bruce Rastetter, imprenditore che controlla uno dei più grandi allevamenti intensivi di maiali al mondo, in Iowa. Un’ultima cosa: con l’eventuale abolizione dell’Environmental Protection Agency non ci sarebbero più limiti all’utilizzo di prodotti chimici e fertilizzanti nei campi, con un impatto sui prodotti agricoli potenzialmente devastante.

Focus - I piatti degli chef italiani dedicati ai due candidati alla Casa Bianca

Paccheri con legumi, agnolotti alla barbabietola e code fish con giardinetto di verdure grigliate per la favorita candidata democratica Hillary Clinton. Polpettone bardato, patate alla paprica e risottino carnaroli al salmone selvatico affumicato al sigaro cubano per Donald Trump, il tycoon repubblicano dato in costante risalita negli ultimi sondaggi. Sono questi alcuni piatti dedicati dagli chef del Bel Paese ai candidati per la Casa Bianca che, nel corso della tornata elettorale in corso oggi negli Stati Uniti, potranno combattere l’ansia da exit poll nei propri quartier generali con le proposte in arrivo dalle migliori cucine italiane. Tra le offerte non mancano quelle healthy, basate principalmente su pesce e verdure di stagione, senza grassi, per sostenere la salute dei due candidati alla poltrona più desiderata sul Pianeta. Presenti anche dei piatti ispirati alla tipica tradizione culinaria a stelle e strisce, reinterpretati però dagli chef italiani in maniera totalmente originale, contestualizzandoli alle passioni e ai tratti caratteristici degli sfidanti Hillary e Donald. Emerge da uno studio promosso dal Polli Cooking Lab, l’osservatorio sulle tendenze alimentari dell’omonima azienda toscana, condotto coinvolgendo un panel di 20 chef italiani per capire quale tipologia di menù dedicherebbero ai due candidati in corsa oggi per diventare i nuovi inquilini della Casa Bianca.

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