La responsabilità sociale è ben più che uno slogan col quale riempirsi la bocca, ma la chiave di volta di una concezione imprenditoriale che non ha bisogno di sacrificare i propri principi al profitto, declinandoli, invece, per diffondere benessere ai consumatori e al pianeta tanto quanto al proprio bilancio. E a dimostrarlo, concretamente come al solito, è stato oggi il gruppo Ferrero con la presentazione, a Roma, dell’edizione n.7 del suo “Rapporto di Responsabilità Sociale”, nel suo settantesimo compleanno (https://goo.gl/EtXRse).
Al di là dei ragguardevoli risultati di mercato, infatti - crescita del fatturato del 13,4%, investimenti pari al 5,8% delle vendite, 22 stabilimenti e 40.721 collaboratori complessivi - il claim del Rapporto, “Condividere Valori per Creare Valore”, è una delle stelle polari del gruppo guidato dall’ad Giovanni Ferrero. Che, nell’introduzione al documento, ha dichiarato che “essere un gruppo globale non ci impedisce di agire localmente mantenendo così il forte legame con le persone e il territorio in cui operiamo. In un quadro di particolare attenzione alla mitigazione del cambiamento climatico e selezione delle materie prime utilizzate”.
Dalle parole ai fatti: durante la presentazione, Ferrero ha voluto porre l’attenzione sul fatto che in Costa d’Avorio ci sono 1.200.000 bambini coinvolti nella produzione del cacao, molti dei quali vengono costretti a lavorare in condizioni di pericolo, obbligati a lasciare la scuola o a non farvi mai accesso. Quindi, l’azienda di Alba ha lanciato una partnership ufficiale con “Save the Children”, per garantire protezione ed educazione ai bambini vittime dello sfruttamento del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao in dieci comunità del Dipartimento di Soubre, nel Sud-Ovest del Paese. Il 36% dei ragazzi ivoriani non è infatti mai andato a scuola, il 66% non termina il ciclo di istruzione primaria e il 48% dei bambini e circa il 70% delle bambine è analfabeta: ma grazie a questo progetto, l’Ong potrà tutelare i loro diritti, e potenziare percorsi educativi alternativi al lavoro minorile. In collaborazione con le autorità locali, l’intervento raggiungerà oltre 500 bambini, coinvolgendo più di 7.700 membri delle comunità e circa 100 rappresentanti delle istituzioni locali.
“La collaborazione con Ferrero - ha spiegato Claudio Tesauro, presidente Save the Children Italia - è un passo concreto di un percorso da fare insieme a tutela dei diritti dell’infanzia, nell’ambito dei nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibili stabiliti dalle Nazioni Unite, che assegnano un ruolo fondamentale al settore privato. La partnership tra Save the Children e Ferrero va proprio in questa direzione: individuare sinergie e aree di sviluppo per lavorare insieme a favore dei diritti dei bambini”.
Inoltre, come già dimostrato in precedenza, la promozione di stili di vita attivi e di regimi alimentari equilibrati, secondo il gruppo dolciario, si declina in azioni concrete a tutela dei consumatori e dell’ambiente. Partendo dal dato di fatto che l’80% dei prodotti dell’industria alimentare sono sotto le 130 kilocalorie, Ferrero ha nuovamente dichiarato di garantire da parte sua la scelta delle migliori materie prime, una continua innovazione, piccole porzioni e, nel complesso, un’altissima qualità dei prodotti - e altrettanta attenzione è rivolta alle comunità locali, con la Fondazione Ferrero, destinata a oltre 3.500 ex collaboratori e alle loro famiglie, con il Progetto Imprenditoriale Michele Ferrero in India e in Africa (4.330 collaboratori) e con “Kinder + Sport”, un programma che promuove stili di vita attivi tra le giovani generazioni, e che nell’ultimo anno ha messo in movimento 4,1 milioni di bambini e adolescenti in 25 Paesi. Tutti esempi ben concreti di una vision aziendale che non ha bisogno di spiegazioni, e i cui valori sono evidenti - posto che si sappia guardare oltre il “dito” dell’isteria generalizzata con la quale è stato trattato recentemente l’uso dell’olio di palma, e alla quale Ferrero non ha mancato di rispondere a tono. Con uno spot televisivo nel quale l’azienda, rivendicandone apertamente l’uso (e quindi non nascondendosi dietro un dito) ha ribadito un punto molto semplice, ma spesso non considerato: vale a dire che non è l’olio di palma il problema, ma le dinamiche economiche e ambientali dietro la sua produzione, che quello usato dall’azienda che ha donato la Nutella al mondo è certificato nell’interezza della sua filiera e che quindi è perfettamente rispettoso dell’etica del gruppo piemontese.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024