Il sistema della “rappresentanza”, in Italia (e non solo), è in crisi da tempo a tutti i livelli: dalla politica al mondo sindacale, alle organizzazioni di categoria. E il mondo agricolo non sembra fare eccezione, almeno secondo l’ultimo sondaggio dell’Isvra (Istituto Italiano per lo Sviluppo Rurale e l’Agriturismo, www.isvra.eu). Che ha chiesto ad un panel di aziende prevalentemente agricole, ma anche agrituristiche e turistiche, quanto fossero soddisfate delle associazioni di categoria. Ebbene, per l’84% delle risposte il giudizio è negativo, al punto che il 37% ritiene che la quota associativa pagata serva a poco, il 47% addirittura a nulla. Solo il 2% si dichiara molto soddisfatto, e un 14% abbastanza soddisfatto.
Se questo è il clima generale, va appena un po’ meglio sull’attività svolta dalle organizzazione per i servizi di informazione su norme e finanziamenti (l’81% dei giudizi è negativo, solo il 7% è molto soddisfatto, e il12% abbastanza soddisfatto) e di assistenza fiscale e burocratica (il 79% giudica comunque negativamente, il 5% è molto soddisfatto e il 16% abbastanza soddisfatto).
Peggio che mai, invece, la percezione della tutela degli interessi della categoria: contrasto alla burocrazia (2% molto soddisfatto, 10% abbastanza soddisfatto), capacità di orientare favorevolmente norme comunitarie, statali e regionali (2% molto soddisfatto, 7% abbastanza soddisfatto), influenza sulla progettualità economica del Governo, a medio e lungo termine (2% molto soddisfatto, 5% abbastanza soddisfatto). La debolezza dell’azione sindacale è attribuita soprattutto alla poca (38%) o assente (48%) indipendenza dai partiti politici. Ancora, sono reputate di scarsa utilità l’organizzazione di convegni e manifestazioni (poco utili per il 29%, addirittura inutili per il 59%) e la stipula di convenzioni con banche ed enti vari (ritenute poco utili dal 58% dei rispondenti, inutili per il 35%).
“E’ vero - dichiara il presidente di Isvra, Mario Pusceddu - che in tempi di crisi si tende a rivolgere il malcontento verso le istituzioni, ma non basta questo a spiegare un giudizio così negativo sulle associazioni di categoria. È evidente che è sempre più profonda la frattura fra i vertici della rappresentanza e le imprese di cui si dovrebbero tutelare gli interessi. È altrettanto evidente che le associazioni di categoria, come peraltro anche i partiti politici, sono generalmente malate di improvvisazione, fragilità organizzativa, deficienza di competenze; per mascherare questi limiti, soprattutto di fronte ai soci, ricorrono a una pioggia di dichiarazioni pubbliche il più delle volte estemporanee quanto prive di seguito, coerente e duraturo, nella propria azione sindacale. A quanto pare i soci se ne sono accorti”.
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