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Dal pane “preghiera collettiva” di Olmi a Sapore di pane canticchiata da Paoli, dalla pagnotta rubata al macchinista da Mastroianni e Placido alla passione di Tinto Brass per i sandwich dell’Harry’s bar, nel volume “Pane al Pane” di Giovanni Soldati

Non Solo Vino
Il libro “Pane al Pane” di Giovanni Soldati

“Tutti noi, da bambini, fino a quando non diventiamo adolescenti, diamo per scontato che ci sia dell’aria, dell’acqua e del pane a disposizione di tutti: sempre e comunque. Non ci poniamo mai troppe domande. Ci accorgiamo solo se abbiamo fame o sete. Andando indietro con la memoria alla ricerca di episodi legati al pane, questo meraviglioso, ineguagliabile, nostro primo elemento nutrizionale, ricordo molto bene che c’era la guerra e io ero sfollato in campagna, a Treviglio, perché Milano era sotto i bombardamenti. Era il 1944 e io avevo solo 13 anni. Per tutta quell’estate avevo lavorato come garzone in una panetteria. Ancor oggi sono convinto che fare il pane sia uno dei mestieri più nobili e belli: una splendida preghiera collettiva. Pensa se ogni mattina, a scuola, gli insegnanti cominciassero le lezioni col prepare il pane insieme ai loro alunni!”. Tra storie ed aneddoti, e con compagni di viaggio memorabili come il regista Ermanno Olmi, autore di questo ricordo, il regista e sceneggiatore Giovanni Soldati firma il volume “Pane al Pane. Storie di farina, vino e amori con gli amici di una vita”, sulle orme del padre, il maestro Mario Soldati e del suo “Vino al Vino” (1977), in un “viaggio d’assaggio e di ritorno” nell’Italia e nella nostra tradizione più profonda. A ripercorrerne le tappe più belle ieri a Siena, a due passi da Piazza del Campo, lo stesso Soldati, attorno ad una tavolata conviviale con la compagna, l’attrice Stefania Sandrelli, e l’amico e patron di Eataly Oscar Farinetti, imbandita al Ristorante Casato di Aristos (che riunisce quattro bei ristoranti della città del Palio: Il Casato, San Domenico, Alla Speranza, Caffè Nannini di Piazza del Campo), nel ciclo di incontri con grandi chef e letterati, con la regia del manager e presidente Aristos, Fabio Carlesi.

Dal “palatone”, la grande palata di pane che viene cotto nel forno a Napoli, con cui inizia il ricordo del regista Francesco Rosi, a “Sapore di sale, sapore di pane” canticchiata da Gino Paoli giocando con la sua grande canzone, dal “panista” (che ha mangaito un oceano di pane) come la madre chiamava Renzo Arbore, grande artista, agli aneddoti legati al pane con protagonisti, assieme, il padre Steno, Mario Soldati, Dino De Laurentiis, Benedetto Croce, Curzio Malaparte e molti altri ricordati da Enrico Vanzani. Ma ci sono anche le storie da bambino del maestro Ettore Scola e del “cozzetto”, la parte più ambita del pane fatto in casa sua, a cui è legato il “delicato” ricordo del puglie Nino Benvenuti, e la quantità “industriale” di pane (quello sciocco toscano come lui) e prosciutto mangiata nella sua vita dal celebre comico Maurizio Micheli. Poi c’è la pagnotta avvolta nella carta di giornale, impregnata di cicoria, aglio e olio preparata dalla moglie del macchinista e mangiata da Marcello Mastroianni e Michele Placido sul set del film “Divina Creatura” di Giuseppe Patroni Griffi, o “I Mazzini hanno fatto il pane” come si diceva, ricorda il grande Pupi Avati, quando, da bambino, una certa famiglia tra i vicini avevo fatto il pane nel forno a legna. E ancora il sandwich di gamberetti, passione di Tinto Brass, all’Harry’s Bar a Venezia, dove conobbe la futura moglie Tinta (alias Carla Cipriani, figlia dell’allora proprietario del locale e sorella dell’attuale, Arrigo Cipriani), l’arte del “riciccio” del pane toscano spiegata dalla regista Francesca Archibugi, e il pane scuro dei contadini in pianura nella casa di Baccanelli (Parma, ndr), “un luogo in cui - racconta Bernardo Bertolucci - in seguito avrei tratto ispirazione per il mio film: Novecento”.

Il perché della scelta di raccontare il pane, cibo fondamentale e radice comune della tradizione italiana per definizione, nel volume (Infinito Edizioni, pag. 112, prezzo di copertina 13 euro; www.infinitoedizioni.it), lo spiega Farinetti in prefazione: “è il re assoluto dei cibi, in quanto detiene in modo incontestabile il primato nel rapporto nutrimento/bontà/prezzo. In secondo luogo perché veder nascere il pane è uno degli spettacoli più belli al mondo”, tanto che “al centro di ogni Eataly metto sempre la panetteria”. Ma soprattutto, scavando nella memoria, da La Malora di Beppe Fenoglio al “Mangia cun el pan” che gli ripeteva la nonna, il pane è l’“unico nutrimento nei periodi di malora, il cibo democratico che sfama e insieme dà godimento”.
“A casa nostra il pane andava rigorosamente tagliato al momento perché era al centro di un rito che, secondo me, s’è un po’ perso nel tempo, come del resto il gusto del pane, che s’è industrializzato - ricorda Stefania Sandrelli nell’introduzione - come si può pensare, oggi, di far invecchiare il pane per farci quella ribollita del nonno, che ti accarezzava la gola, e di cui ancora oggi vado ghiotta? I ricordi legati al lavoro sul set mi riportano alla lavorazione del film di Francesca Archibugi “Con gli occhi chiusi”, girato in Toscana. Nel cast c’era un macellaio locale che interpretava la parte di un prete e portava regolarmente con sé al lavoro un sacco di roba da mangiare. Spesso mangiavamo tutti insieme intorno al grande tavolo della casa in cui giravamo il film. C’era materia prima in abbondanza, ma chissà perché io ricordo soprattutto delle grandi mangiate di pane e mortadella”.

“Non esiste regione in Italia che non produca un suo vino, sottolinea mio padre - scrive Soldati - quasi quattro decenni dopo ho sentito il bisogno di cominciare un viaggio di ritorno, andando a scoprire un’altra radice comune dell’Italia: il pane. Un’escursione a cui ho deciso di far prendere la forma di dialogo con alcuni artisti e personaggi dello spettacolo italiani che considero miei cari amici”.

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