A valle dell’incontro in aprile con Xi Jinping nel suo resort privato di Mar-a-Lago, Donald Trump ha recentemente annunciato, come suo solito via Twitter, che le esportazioni di manzo statunitense verso la Cina riprenderanno dopo tredici anni: in cambio, carni di pollo cotte di provenienza cinese potranno tranquillamente essere esportate negli Stati Uniti e le agenzie di rating statunitensi potranno operare più facilmente sul suolo cinese, così come le aziende di carte di credito dell’Unione.
Per Wilbur Ross, Segretario al Commercio dell’amministrazione Trump, è un “risultato erculeo”: l’inquilino della Casa Bianca, invece, ha definito i nuovi sviluppi commerciali come “vere notizie”, in contrapposizione a quelle “fake news” con le quali è uso bollare quelle a lui scomode. Pareri sui quali gli analisti globali ancora non concordano, ma che esemplificano un rovesciamento completo di paradigma rispetto a quanto promesso dall’imprenditore durante la sua campagna elettorale, quando definiva a ogni passo la Cina come “nemico” (quantomeno dal punto di vista economico) e il deficit della bilancia commerciale fra i due Paesi come un enorme problema da risolvere, e che avrebbe ovviamente risolto. Si tratta però di ottime notizie per l’agroalimentare italiano, e particolarmente per il vino tricolore, che negli Stati Uniti è leader in valore e in volume, e che sta continuando a crescere anche nel 2017, con un +10% in volume e +7,3% in valore, secondo l’Italian Wine & Food Institute.
La svolta liberoscambista di Trump verso il suo ex “nemico numero uno” in termini di bilancia commerciale, con un deficit di 347,04 miliardi di Dollari nel 2016, è infatti con buona probabilità una pietra tombale sulle roboanti promesse elettorali del Presidente, nelle quali ce n’era anche per l’Unione Europea: in un contesto geopolitico nel quale Trump sembra avere bisogno di alleati ben più che di rivali, il deficit di bilancia commerciale degli Stati Uniti con l’Europa, che non è arrivato a 120 miliardi di Euro nel 2016, sembra a confronto ben poca cosa. Senza contare il fatto che, dal punto di vista enoico, la prima destinazione dell’export di vini statunitensi (che nel 2016 ha raggiunto un nuovo record di 1,62 miliardi di Dollari), secondo i dati del Wine Institute della California - Stato dal quale provengono il 90% di tutti i vini esportati dagli Usa - è proprio l’Unione Europea, con 685 milioni di dollari, seguita dal Canada (431) e da Hong Kong, con 99 milioni.
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