Attaccati come strumento inadatto a far emergere il lavoro nero, superati dalla vulgata che li ha additati come soluzione parziale ed abusata, i voucher iniziano a far sentire la loro mancanza. Specie nel settore per il quale, almeno agli albori, erano stati pensati: l’agricoltura, un mondo in cui il lavoro è difficilmente pianificabile su un lungo periodo, cisto che a dettare le esigenze è prima di tutto la natura. Così, senza i vituperati voucher, a rischio c’è il lavoro stagionale di almeno 50.000 tra studenti, pensionati e cassa integrati, secondo le stime della Coldiretti, che sottolinea la necessità di costruire ex-novo uno strumento che possa rispondere alle stesse esigenze delle imprese e dei lavoratori per non perdere opportunità occupazionali.
L’impiego dei voucher in agricoltura, sostiene la Coldiretti, è stato pari ad appena l’1,6% del totale, praticamente stabile da cinque anni perché è l’unico settore rimasto praticamente “incatenato” all’originaria disciplina “sperimentale” con tutte le iniziali limitazioni, solo lavoro stagionale e solo pensionati, studenti e percettori di integrazioni al reddito. In agricoltura sono stati venduti, nel 2016, solo 2,2 milioni di voucher, addirittura in calo rispetto al 2015, e più o meno gli stessi del 2012, per un totale di oltre 380.000 giornate di lavoro che hanno aiutato ad avvicinare al mondo dell’agricoltura giovani e studenti e a mantenere attivi molti anziani pensionati nelle campagne senza gli abusi che si sono verificati in altri settori. Occorre ora individuare una valida alternativa perché, con l’abrogazione della disciplina del voucher, il sistema agricolo è stato doppiamente penalizzato in quanto, se da una parte non si riscontravano nel settore indizi di abnorme e fraudolento utilizzo da dover correggere, dall’altra certamente l’intero percorso di emersione intrapreso dal 2008 ad oggi rischia, in assenza di interventi adeguati, di andare perduto.
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