“Dobbiamo sfruttare l’onda lunga del made in Italy, anche se oggi le nostre esportazioni volano del 7% nel primo semestre dell’anno. Stimiamo di chiudere l’anno con una crescita compresa tra il 6 e il 7%: il settore ha fatto non solo bene, ma meglio del +4,4% del totale industria”. Con queste parole, il presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia commenta i dati dell’Ufficio Studi, che prevedono per quest’anno una produzione attestata a 134 miliardi di euro (un cauto aumento del 1,5% calibrato sullo stallo dei consumi interni), con un export che cresce del 6-7%, toccando i 32 miliardi di euro. Un export che nei numeri riportati da “Il Sole 24 Ore”, conferma, nel primo semestre 2017, la Germania come primo mercato di sbocco (2,25 miliardi di euro, seppur a -0,1% sul 2016), incalzata dalla crescita di Stati Uniti (+6,9% con 1,9 miliardi di euro), Francia (+7,6% con 1,7 miliardi di euro) e Cina (+24% con 184 milioni di euro), che vede riprendersi la Russia (+37% con 195 milioni di euro) e fermarsi il Regno Unito (+1% con 1,3 miliardi di euro). “La Germania è il partner numero 1. Una pausa ci sta - commenta la flessione di importazioni tedesca Scordamaglia - ma la crescita deve riprendere. Negli Usa invece si vedono i frutti del Piano Made in Italy finanziato dal Governo italiano con 120 milioni per il biennio 2016-2017. L’anno scorso 1.500 imprese sono arrivare sugli scaffali dei retailer Usa, di cui 370 per la prima volta. Quindi non solo più export, ma più imprese che esportano. Quest’anno il progetto si allarga al Far East”.
Dati importanti, emersi da Anuga 2017, la fiera internazionale che si chiude a Colonia, vetrina per l’alimentare di tutto il mondo, in particolare per l’Italia (il Paese più rappresentato, con 1.200 imprese presenti su 7.400, più di quelle tedesche, che contano 716 espositori).
Novità della biennale, un desk italiano anti-contraffazione che chiede l’intervento delle autorità tedesche non solo per i casi di violazione del marchio ma anche per l’evocazione fraudolenta di Italian sounding, pratica ingannevole di attribuire origine italiana a un prodotto che tale non è. L’attività di vigilanza e tutela è stato organizzata da Federalimentare, in collaborazione con Fiere di Parma e con uno studio legale italo-tedesco, e si affiancava al servizio legale “no copy” di cui dispone già Anuga. “Con il nostro desk - osserva Scordamaglia - estendiamo il concetto di contraffazione, dal trade mark all’evocazione di italianità, anche fuori confine. Un’azione necessaria se pensiamo che il giro d’affari maturato da prodotti contraffatti e Italian Sounding si attesta ben oltre i 60 miliardi di euro, un terzo dei quali solo sul mercato americano. Esigiamo il massimo rispetto del regolamento Ue n. 1169/2011”.
Un servizio che ha dato subito i suoi frutti. Alcuni prodotti con nomi evocativi dell’italianità, da Pasta Ciao alla passata Tomatino, con tanto tricolore in bella mostra, pur senza aver nulla a che fare con il nostro made in Italy, sono stati ritirati grazie al pronto intervento del desk negli spazi della Serbia, dell’Ucraina, della Grecia, della Turchia, di Panama e della Romania. “È essenziale - ha detto il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Maurizio Martina - un presidio costante che tuteli e protegga la vera italianità. Il lavoro fatto con Federalimentare ad Anuga è, in questo senso, un passo importante per contrastare concretamente il fenomeno dell’Italian sounding e per tutelare tutta la filiera agroalimentare italiana”. All’estero, è intervenuta Coldiretti, le esportazioni di prodotti agroalimentari tricolori potrebbero triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale, sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi Dop a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso “clonati”, ma anche gli extravergini di oliva e le conserve.
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