Non è ancora ufficiale, ma come ventilato già da giorni dal Ministro delle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio, la delega al turismo passerà presto dal Ministero dei Beni Culturali proprio a quello delle Politiche Agricole. Un cambiamento, a ben vedere, epocale, che avrà bisogno di una strategia ad hoc, in grado di far camminare insieme due mondi sempre più intrecciati, ma certo non complementari. Chi sembra accogliere con grande ottimismo la novità è Roberta Garibaldi, esperta di livello internazionale di turismo enogastronomico, che sottolinea come “il nostro Paese ha un incredibile patrimonio agroalimentare e enogastronomico, che può trasformarsi in un formidabile volano di promozione. Sono già tanti i Paesi che hanno attuato piani strategici focalizzati sul turismo enogastronomico, o attività legate al comparto, per posizionarsi in modo innovativo e competitivo sul mercato. E molti elementi fondamentali del turismo enogastronomico, gli agriturismi, le strade del vino e dei sapori, i prodotti del food, sono già all’interno del Mipaaf. Questa scelta può quindi essere molto positiva per l’Italia: finora il nostro Paese ha lavorato in modo limitato sullo sviluppo del turismo enogastronomico, settore che in questo momento registra aumenti a doppia cifra in tutto il mondo, come confermano i numeri delle più recenti ricerche. E anche l’immagine che gli stranieri hanno dell’Italia, è legata al cibo ancor più di monumenti, moda o design”.
Tante, inoltre, sono le opportunità di un Ministero integrato, “come l’individuazione di modifiche normative e di incentivi che abbiano l´intento di stimolare concretamente gli operatori privati del settore food & wine ad investire per dotarsi delle conoscenze ed infrastrutture necessarie ad aprirsi al turismo e creare un’offerta esperienziale, sostenibile e rivolta a specifici target. O - continua a Roberta Garibaldi - il sostegno all’adozione delle nuove tecnologie con ricadute in molti ambiti, dal miglioramento dell’esperienza turistica alle modalità di comunicazione innovative. Senza dimenticare gli aspetti dell’educazione per aumentare la consapevolezza dei cittadini sul valore del patrimonio enogastronomico, sui principi di alimentazione sana e sulla sostenibilità, la giusta difesa del locale quando minacciato dal globale, al fine di preservare le nostre tipicità e la nostra cucina, e la necessità di limitare lo spreco anche nel settore turistico. Il turismo enogastronomico può rappresentare la base per uno sviluppo sostenibile del territorio. Può infatti stimolare la nascita di politiche e strategie atte alla difesa delle identità culinarie, rafforzare il processo di crescita e partecipazione della comunità e contribuire a creare nuovi posti di lavoro. Ad oggi sono tante le Nazioni e le Regioni che hanno adottato piani o programmi di sviluppo del turismo enogastronomico. Tra queste - conclude l’esperta di turismo enogastronmico - la Corea del Sud, con il programma K-Food Road, la Tailandia, la Giamaica, con il Jamaica gastronomy network, la regione belga delle Fiandre, con il Flanders food manifest, la Regione britannica del Galles, con il piano Food Tourism Action Plan, l’Irlanda, con il Food Tourism Activity Plan 2014-2016. A conferma del potenziale insito in un settore sempre più richiesto dai turisti di tutto il mondo”.
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