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CASO-CAOS SULL’OLIO DI OLIVA

“Italico”, ma non è made in Italy: Assitol contro la proposta di Unaprol, Federolio e Coldiretti

L’industria olearia contro la proposta delle tre associazioni di un blend di olio italiano e comunitario. Rischio “italian sounding” domestico
ASSITOL, OLIO, Non Solo Vino
Il nuovo “olio italico” al centro del dibattito tra le associazioni di settore

Il maxi accordo tra Federolio, Unaprol e Coldiretti per promuovere e ridare vita al settore olivicolo italiano, prevede anche la nascita dell’“olio italico”, un blend con una percentuale di extravergine italiano e una di olio proveniente dai Paesi della Comunità Europea. Ancora non è nemmeno “nato”, e già questo blend è stato criticato da altre associazioni del settore, prima tra tutte Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia, che ha subito sottolineato la scarsa utilità di questo nuovo tipo di mix di olii, affermando come “la proposta dell’italico, così com’è stata disegnata e proposta, suscita molte perplessità nella filiera e rischia di mandare ancora più in confusione il consumatore”. Secondo Assitol infatti, se l’obiettivo è quello di tutelare a 360 gradi del made in Italy, il comparto dovrebbe muoversi in ben altra direzione: il rischio è infatti quello di creare ulteriore frammentazione in un settore già abbastanza diviso di sua natura. “Non si sentiva davvero - ha affermato la presidente del Gruppo olio d’oliva dell’Associazione Anna Cane - il bisogno di un nuovo motivo di frammentazione del mondo oleario, già fortemente diviso. Una frammentazione che avvantaggerà, ancora una volta, i Paesi nostri concorrenti, che al loro interno possono contare su un fronte olivicolo-oleario compatto e su una strategia comune. La valorizzazione dell’extravergine nostrano si gioca secondo i principi della qualità, della genuinità, della tracciabilità e della sicurezza alimentare”. Il problema non sarebbe il blending, pratica largamente utilizzata da molti produttori e decisamente necessaria in certe situazioni, ma l’effettiva utilità della nascita di un “olio italico” che rischia solo di creare un fenomeno di Italian Sounding interno, ma di creare ulteriore confusione nel consumatore. “Guardiamo con interesse - ha continuato Anna Cane - a qualsiasi iniziativa di valorizzazione dell’extravergine a patto però che sia inclusiva e aperta”.

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