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CUCINA D’AUTORE

2018 anno da record per la cucina italiana, sul tetto del mondo con Bottura, e mai tanto stellata

Con la Guida Michelin che si conferma la più importante in assoluto, per il prestigio e per il business. Parola di grandi chef
CUCINA ITALIA, GUIDA MICHELIN, MAssimo Bottura, ULIASSI, Non Solo Vino
Mauro Uliassi, decimo tristellato Michelin d'Italia, e Massimo Bottura, n. 1 al mondo

Il 2018 appena chiuso è stato un anno record per la ristorazione italiana, che ha visto Massimo Bottura, con l’Osteria Francescana di Modena, tornare sul tetto del mondo nella “50 Best Restaurants”, le tre stelle Michelin d’Italia salire a 10, con la new entry di Mauro Uliassi (che, con il suo Uliassi, a Senigallia, si è unito al St. Hubertus di Norbert Niederkofler, al Piazza Duomo di Alba di Enrico Crippa, Da Vittorio a Brusaporto dei fratelli Cerea, Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio della famiglia Santini, Reale a Castel di Sangro di Niko Romito, Enoteca Pinchiorri a Firenze di Giorgio Pinchiorri e Annie Féolde, Osteria Francescana a Modena di Massimo Bottura, La Pergola del Rome Cavalieri di Heinz Beck e Le Calandre a Rubano dei fratelli Alajmo), e mai tanti stellati nel Belpaese (oltre ai 10 tristellati, in guida ci sono 39 due stelle e 318 ristoranti con una stella). E, in attesa di scoprire come sarà il 2019, molti dei più importanti chef italiani, a WineNews, hanno ribadito un concetto: la guida Michelin è la n. 1, per il prestigio, ma anche per il business.
“Ricevere le stelle, professionalmente penso che sia una delle gioie che aspetti nella crescita del tuo lavoro professionale di cuoco - spiega Enrico Crippa, tre stelle con il Piazza Duomo di Alba (di proprietà della famiglia Ceretto, ndr) - è un riconoscimento che se te lo danno è perché te lo meriti. È qualche cosa che si realizza nella tua professione, è molto emozionante ti tocca, tocca te come tutta la tua brigata, ti motiva, ti carica. E poi dobbiamo dire che la Michelin, tra le guide, è quella che ti porta tantissimo lavoro, raddoppi il numero dei coperti. Poi possiamo raccontarci che i cuochi non guardano più questa o quella stella e preferiscono altre classifiche. Ma quando ci si incontra, tra noi alla fine si parla di stelle Michelin”.<BR>
Sulla stessa lunghezza d’onda Norbert Niederkofler, nel ristretto gruppo dei tristellati italiani dal 2018, con il suo St. Hubertus dell’Hotel Rosa Alpina di San Cassiano. “Le stelle Michelin valgono tantissimo. Faccio solo un esempio: i primi due giorni dopo l’annuncio delle nostre tre stelle, l’anno scorso, abbiano ricevuto quasi 500 prenotazioni da tutte le parti del il mondo, soprattutto da America ed Asia. Questo vuol dire che la gente viene non solo per un giorno. C’è il viaggio, ci sono gli alberghi vicino. Un valore economico pazzesco. E poi la Michelin è la Michelin, è sempre stato un sogno, nulla da togliere alle altre guide, ma per un cuoco le tre stelle sono il massimo che si può raggiungere, è una grande soddisfazione, un grande momento, una grande gioia, se penso all’anno scorso mi viene la pelle d’oca”.
“La guida Michelin è la più grande, non c’è paragone, per noi è quasi un “dio” - aggiunge Annie Féolde, alla guida, con Giorgio Pinchiorri, della tristellata Enoteca Pinchiorri di Firenze - e nel business è di sicuro un grande aiuto, oltre al fatto che raggiungere le tre stelle è un grande traguardo, è il top, ed oltre alla felicità di raggiungerlo è anche un grande stimolo a continuare a lavorare bene”.
“Sicuramente a livello emotivo e professionale, le stelle - aggiunge Roberto Cerea del tristellato Da Vittorio di Brusaporto - sono un grande traguardo. Per qualsiasi chef e qualsiasi cuoco. Indubbiamente a livello economico entri a far parte di un tour di gourmet mondiale, soprattutto con la terza stella Michelin, che naturalmente ti fa alzare il fatturato. Quindi la medaglia ha due facce: quella emotiva, ma anche quella economica, perché da quando abbiamo ricevuto la terza stella abbiamo cominciato ad avere un aumento di clienti che girano i grandi ristoranti di tutto il mondo, e sono persone che conoscono e capiscono il nostro lavoro, perché viaggiando tanto hanno un certo bagaglio tecnico e metri di valutazione e di paragone molto importanti, e questo fa piacere”.
“La guida Michelin è una guida che ha una caratura internazionale - aggiunge Massimiliano Alajmo, tre stelle con il ristorante Le Calandre a Rubano - dà una visibilità al livello mondiale, il che ci fa attingere una clientela assolutamente selezionata. Poi, ovviamente, noi rispettiamo tutta la critica. Il nostro mestiere non è quello di seguire le mode, ma fare bene il nostro lavoro, e fa molto piacere quando ottieni consenso”.
“Sicuramente le stelle Michelin sono un segnale importante della qualità di un ristorante - commenta Giancarlo Perbellini, due stelle con il suo Casa Perbellini di Verona - e portano un pubblico diverso da quello normale, molto interessato da quello che fai. Poi c’è l’aspetto economico, che è sempre un tema da prendere con le pinze, ma sicuramente anche su questo fronte le stelle portano ad un miglioramento, assolutamente”.
Insomma, le stelle Michelin regalano orgoglio e fanno business. Ma tutto, naturalmente, deve partire “dalla motivazione - dice Nadia Santini del tristellato Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio - dentro di noi dobbiamo avere un’energia, una forza gustativa, un grande valore del gusto, sapere che viviamo in un territorio, con un’identità favolosa, capire che l’evoluzione è qualcosa che ci guida lungo il nostro cammino, e che dobbiamo interpretarla con nuovi indirizzi, senza sbagliare una curva. Questo ci da la felicità nel lavoro, e di conseguenza arrivano i riconoscimenti”.

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