La cornice è quella del dialogo tra Usa e Ue con al centro il trattato di libero scambio tra le due maggiori economie del mondo, dopo il definitivo naufragio del Ttip, dentro la quale si muovono dinamiche gigantesche, nella ricerca di un riequilibrio della bilancia commerciale, fondamentale per Trump, che Washington ha tutta l’intenzione di raggiungere, anche attraverso un’aggressiva politica dei dazi. Che, se qualche mese fa hanno colpito duramente acciaio e alluminio, ora minacciano i settori portanti dell’export italiano: vini e liquori, alimentari e bevande, moda, materiali per costruzione, metalli, moto e cosmetica. Il conto, alla fine, è salatissimo per il Belpaese: come calcolato dal sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega al commercio estero Michele Geraci, ammonta a 4,5 miliardi di euro, per un totale export verso gli Stati Uniti di 54,7 miliardi di euro. Il settore vini e liquori, stando così le cose, pagherebbe lo scotto maggiore, ben 2,3 miliardi di dollari, mentre il costo dei dazi su alimentari e bevande potrebbe arrivare a 1,3 miliardi di euro. Più colpita di noi, solo la Francia, che dovrà sborsare 8,1 miliardi di euro di dazi su un totale export persino inferiore a quello italiano, pari a 52,4 miliardi di euro. E non finisce qui, perché il presidente francese Emmanuel Macron ed il suo omologo a stelle e strisce sono notoriamente ai ferri corti, tanto che l’ultima minaccia agli “amici” francesi Donald Trump l’ha lanciata meno di 24 ore fa, ovviamente attraverso un tweet, in cui risponde all’annuncio di una vera e propria tassa sulla tecnologia, ribattezzata a Parigi “GAFA Tax”, dove GAFA sta per Google, Apple, Facebook e Amazon: “la Francia ha appena istituito una tassa digitale sulle nostre grandi compagnie tecnologiche Americane. Se qualcuno le deve tassare, dovrebbe essere il loro Paese d’origine, gli Stati Uniti. Annunceremo presto una sostanziale azione in risposta alla follia di Macron. Ho sempre detto che il vino americano è migliore del vino francese!”. Messaggio velato? Decisamente no, anche perché segue una serie di messaggi ancor meno criptici mandati, sempre su Twitter, tra novembre e dicembre del 2018, in cui lamentava le difficoltà del vino Usa in Francia a fronte dei grandi numeri del vino francese in Usa ...
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