Tra le poche cose che il Coronavirus non ha bloccato c’è la vendita di generi alimentari, prodotti che rientrano a pieno diritto in quelli di prima necessità. Tra questi ci sono anche frutta e verdura che però potrebbero presto scarseggiare negli scaffali per l’assenza di manodopera specializzata, in buona parte straniera, nelle campagne. L’allarme è stato lanciato dalle associazioni di categoria dopo l’approvazione del decreto “Cura-Italia”. E che adesso chiedono misure correttive per aiutare le aziende. La proposta di Cia-Agricoltori Italiani parla di rilanciare i “voucher per favorire l’occupazione e scongiurare il rischio scaffali vuoti, dovuto ai numerosi prodotti di stagione abbandonati nei campi e nelle serre per le difficoltà delle aziende agricole a reperire manodopera”.L’azzeramento della manodopera specializzata nei campi, dovuta alle restrizioni imposte nella strategia di contenimento del coronavirus, rappresenta per Cia “un problema serio che il Governo potrebbe risolvere con l’introduzione di strumenti agili per recuperare lavoratori da impiegare nei campi”. Cia lamenta anche l’assenza del “decreto flussi” con cui ogni anno vengono stabilite le quote d’ingresso di cittadini extracomunitari che possono entrare in Italia per motivi di lavoro subordinato, autonomo o stagionale. “Servono misure immediate per consentire alle imprese di reperire manodopera e di continuare a lavorare -sottolinea il Presidente di Cia, Dino Scanavino-. Importanti prodotti di stagione restano incolti e, se lo stato di emergenza dovesse prolungarsi, rischiamo il paradosso della indisponibilità sugli scaffali di frutta e verdura”.
Preoccupazione per i mesi a venire, accompagnata da una richiesta di riposizionare lo strumento del voucher tarandolo sulle esigenze del momento, era arrivata nei giorni scorsi anche da Coldiretti. “Occorre subito una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa consentire da parte di studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne dove mancano i braccianti stranieri anche per effetto delle misure cautelative adottate a seguito dell’emergenza Coronavirus”.Tra le richieste al Governo da parte dell’associzione guidata da Ettore Prandini c’è anche quella di prorogare gli attuali permessi per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare ai lavoratori stranieri di dover rientrare nel proprio Paese di origine.
Sulla stessa linea anche Alleanza Cooperative Agroalimentari che nell’elencare le problematiche che si stanno sommando, tanto in campagna che negli stabilimenti produttivi, mette in allerta sul pericolo di garantire “una assoluta continuità nella fornitura di cibo”. Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari che con le sue 5.000 imprese associate detiene il 25% del fatturato alimentare del Paese, entra nei dettagli: “Abbiamo assistito in queste settimane ad una partenza di lavoratori Ue ed extra Ue: non c’è personale adesso che accetti di venire a lavorare nel nostro Paese. Pesantissime sono le ripercussioni sulle produzioni attualmente in campo, come gli asparagi, per i quali mancano all’appello migliaia di lavoratori, ma sono a rischio tutte le produzioni primaverili, a partire dalle fragole, che si avvicenderanno nelle prossime settimane nelle varie regioni d’Italia”. Alleanza Cooperative sta dialogando con il Ministero dell’agricoltura per trovare soluzione al problema della manodopera. “Una proposta potrebbe essere quella di prolungare i permessi di soggiorno per i lavoratori extracomunitari oppure la possibilità di impiegare in campagna, nella congiuntura di emergenza, i cittadini idonei ai quali viene attualmente erogato il reddito di cittadinanza. Per garantire più personale alle nostre cooperative associate, abbiamo anche richiesto di estendere gli istituti della codatorialità e del distacco ai rapporti tra socio e cooperativa per aiutare a rafforzare la continuità produttiva, garantendo più personale nelle nostre imprese in questa fase delicata”.
Sul banco degli imputati anche le nuove regole per la sicurezza introdotte per contrastare la diffusione del Covid-19 che per Mercuri generano “carichi di responsabilità e non poco stress psicologico alle nostre aziende, che sentono in primo luogo il dovere di tutelare i propri dipendenti. Possiamo già stimare un aumento dei costi sostenuti nei centri di lavorazione e nei magazzini nell'ordine di un +20%, che potrebbe incidere anche sul costo complessivo del prodotto, pur se di pochi centesimi”. Vani, al momento, anche gli appelli per la libera circolazione delle merci con i blocchi che condizionano le consegne: “ci sono in direzione di alcuni Paesi come Polonia, Romania, Austria, Croazia, Slovenia e Serbia - conclude Mercuri - controlli e persino divieti di transito dei camion che determinano, nell’ipotesi migliore, gravi ritardi e costi aggiuntivi ingiustificati. Si tratta, nella quasi totalità dei casi, di prodotti destinati all’export e non riassorbili dal consumo interno”.
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