Se i bar e i ristoranti hanno accusato pesantemente la lunga finestra di lockdown, una delle cause dei mancati incassi, oltre ai timori legati alla sicurezza, va ricercata nello smart working, con tanti italiani che hanno “spostato l’ufficio nella propria abitazione”. A guadagnarci sono state le piccole botteghe, i cosiddetti “negozi di vicinato” che hanno visto incrementare la propria clientela rispetto al solito. A dirlo sono i numeri, con un’analisi della Coldiretti, su dati Ismea, che mostra come lo smart working abbia gonfiato di 10 miliardi di euro la spesa alimentare domestica degli italiani nel 2020 per effetto del maggior tempo fra le mura di casa tra lavoro e paura di uscire. Parliamo di un aumento del 6% del valore dei consumi domestici durante l’anno, in controtendenza con l’andamento generale di tutti gli indicatori economici. Colazione, pranzo, persino gli aperitivi, hanno trovato nelle abitazioni degli italiani il loro habitat durante il periodo di emergenza e ancora appare lontano il ritorno alle abitudini pre-Covid.
Venendo ai singoli prodotti, si registra, nei primi cinque mesi dell’anno, un +14% degli acquisti al dettaglio di latte Uht; +29% per le mozzarelle; +14% la pasta; +18% il riso; +18% il prosciutto crudo; +16% il salame, +14% la frutta fresca, +21% le salse e le passate di pomodoro, +23% le uova, nei primi cinque mesi dell’anno. Con la fine delle limitazioni agli spostamento l’effetto “scorta” si è progressivamente affievolito ma rimane invariata la spinta sugli acquisti domestici che dimostra un cambiamento nelle abitudini di spesa e di vita.
Ma c’è l’altro aspetto della medaglia, sottolineato da Coldiretti: “una situazione che sta rivoluzionando anche gli equilibri all’interno delle filiere produttive con i consumi alimentari fuori casa in bar, ristoranti e pizzerie dove la spesa registra nel 2020 un drammatico crollo per un valore di 34 miliardi di euro. Una drastica riduzione dell’attività che pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari: dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco”.
Alcuni settori pagano un prezzo più alto “come quello ittico e vitivinicolo, la ristorazione - conclude Coldiretti - rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato. La spesa alimentare fuori casa prima dell’emergenza coronavirus era pari al 35% del totale dei consumi a tavola degli italiani”.
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