A guidare la ripresa dei consumi di vino post pandemia, più che le pur importanti dinamiche interne al comparto, sarà, ovviamente, la ripartenza delle economie dei diversi Paesi del mondo. Anche perchè il nettare di Bacco, che per molti è elemento importante del proprio stile di vita, e che in altre realtà, soprattutto ad Oriente, lo sta diventando, è e resta un prodotto voluttuario e non necessario. Nonostante questo, ora più che mai, con una crisi di liquidità che tocca molte cantine d’Italia e del mondo, è fondamentale capire su quali mercati investire. E se è naturale che ogni azienda e ogni denominazione abbia i suoi sbocchi di riferimento, un orientamento generale può servire, ed è quello che arriva dal “Global Compass Wine Market Attractiveness Report” by Wine Intelligence, che mette in ordine i mercati più “attrattivi” per il vino, guardando a parametri economici, (popolazione adulta, Pil pro capite, reddito pro-capite, percentuale disoccupazione, indice di corruzione, livello di globalizzazione) e dati relativi al mercato del vino (volumi e tendenze del mercato del vino, volumi e trend del vino importato, consumi pro capite, trend e potenziali, valore del mercato del vino, trend e prezzo unitario, profittabilità del mercato del vino, accessibilità del mercato del vino) dei 50 Paesi che muovono le economie mondiali.
Ebbene, in questa tempesta pandemica che ha lasciato agli operatori pochissime certezze, una di queste sono gli Stati Uniti, che restano il mercato principale su cui investire, al netto, soprattutto, delle decisioni sui possibili nuovi dazi sui vini Ue che dovrebbero arrivare nelle prossime ore. Al secondo posto sale un mercato piccolo ma orientato ai vini di alta gamma come la Corea del Sud, seguito sul podio dalla Germania, uno dei mercati più importanti in assoluto, soprattutto per i volumi assorbiti. A seguire, ancora, tra i primi 10 mercati, la Cina, la Polonia, la Svizzera, la Danimarca, il Regno Unito, la Francia e, a pari merito, il Canada e la Russia. Paese, quest’ultimo, che torna in “top 10” grazie al balzo in avanti maggiore, scalando ben 23 posizioni rispetto al 2019. Una crescita legata alla grande crescita in volume del mercato enoico russo, accompagnata anche da una crescita del valore complessivo, a un nuovo quadro normativo per il business del settore, e al forte interesse per il vino dei comsumatori russi tra i 20 ed i 35 anni, spiega l’agenzia inglese Wine Intelligence. Male l’Italia, che vede peggiorare i suoi indicatori, e scende di 7 posizione, alla n.24, > appena davanti al Portogallo, e dietro a Singapore, Paesi Bassi, Spagna, Irlanda, Romania, Belgio, Giappone, Svezia, Australia, Ungheria, Repubblica Ceca e Austria. Tutto questo, ovviamente, da prendere con le molle, in quadro difficilissimo, visto che secondo gli indicatori di Wine Intelligence, 32 Paesi su 50 hanno visto peggiorare la loro performance.
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