Il vino naturale in etichetta? Per ora è una nebulosa grigia in cerca di definizione. Almeno in Europa, dove, come racconta l’approfondimento de “Il Corriere Vinicolo”, il parere della Dg Agri alla Commissione Ue - stimolata qualche mese fa dall’Unione Italiana Vino (Uiv) - sull’uso della dicitura “Vino naturale” è stato piuttosto tranchant. In sostanza, si legge, “l’indicazione “vino naturale” può suggerire l’idea di un vino di qualità più alta. C’è il rischio che l’uso del termine “naturale” induca il consumatore in errore”. Ad oggi, la normativa comunitaria non è così chiara, ma come ricorda il segretario generale Unione Italiana Vini (Uiv), Paolo Castelletti, “l’aggettivo usato nel parere della Dg Agri - “misleading”, cioè ingannevole - è molto chiaro, perché la lettura del termine “vino naturale” potrebbe seriamente indurre il consumatore in errore riguardo le caratteristiche intrinseche del prodotto, così come potrebbe indurre valutazioni errate sulla naturalità del vino in generale. E, quindi, evidente, un rischio comunicativo per l’intero settore”.
E proprio l’aspetto comunicativo, al di là di quello squisitamente legislativo, è al centro dell’analisi, a WineNews, di Ottavio Cagiano, dg Federvini. “Bisogna chiedersi innanzitutto cosa significa “vino naturale”. Il vino, in realtà, è un prodotto dell’uomo, e delle sue professionalità, dagli enologi agli agronomi, che nel corso dei decenni lo hanno reso sempre migliore, sia in bottiglia che in vigna. Si rischia un’escalation verso una distinzione continua. Che da una parte sottintende che il resto del vino non sia naturale, dall’altra presuppone normative, organi di controllo e quant’altro, ossia l’ennesima complicazione”. Ma il vulnus, principalmente, è comunicativo. “Che messaggio vogliamo dare al consumatore?”, si chiede Cagiano. “È un termine scivoloso, che rischia di generare confusione. Ci sono tantissimi modi, anche grazie al digitale, per comunicare le specificità e peculiarità di un vino, non c’è bisogno di scrivere in etichetta “vino naturale”, che rischia più che altro di svilire il lavoro degli altri produttori e vignaioli, che poi sono la stragrande maggioranza”.
Neanche Matilde Poggi, alla guida della Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), è troppo convinta della bontà dell’uso della dicitura “vino naturale” in etichetta. “La nostra associazione - dice a WineNews - non ha una posizione unitaria, ma dentro Fivi ci sono vignaioli di convenzionali, biologici e naturali. Personalmente, trovo che sia una distinzione che non serve portare in etichetta. Tanto più che il movimento dei vignaioli naturali nasce proprio per non sottostare a regole, normative, paletti, ed imporsi una definizione in un certo senso va contro quel tipo di libertà cercato da sempre. E poi, è una definizione difficilissima da chiarire e normare”, commenta Matilde Poggi.
Nell’approfondimento de “Il Corriere Vinicolo”, ci sono, quindi, le posizioni del segretario generale Ceev (l’organismo di rappresentanza di 23 associazioni di produttori di vino di 12 Stati europei), Ignacio Sanchez Recarte, del vice presidente Unione Italiana Vini (Uiv), Sandro Sartor, del segretario generale Federbio, Paolo Carnemolla, del dg della Federazione Spagnola del Vino (Fev), José Luis Benìtez. In generale, l’opinione dell’industria vitivinicola è che vi sia la necessità di giungere a regole armonizzate chiare. “Il nucleo del problema - per il segretario generale Ceev, Ignacio Sanchez Recarte - non è il divieto ma l’applicazione. Non vedo perché non sia possibile che la legge europea preveda regole concrete, incluso un termine appropriato per la presentazione dei vini naturali nell’interesse dei produttori e dei consumatori”.
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