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Il delivery non è una moda passeggera ma un servizio essenziale per nove consumatori su dieci

Lo dicono i dati dell’Osservatorio 2020 di JustEat, la pizza è il cibo più richiesto. I consigli per la conservazione dell’esperta Serena Pironi

Più che una moda dovuta a circostanze particolari possiamo definirla come un’abitudine che si sta consolidando sempre di più. Per nove consumatori su dieci la consegna di cibo a domicilio rientra tra i servizi essenziali. Con la chiusura e la restrizioni dei locali, il delivery ha preso il sopravvento scavalcando i tradizionali e ormai dimenticati pasti fuori casa. Secondo i dati dell’Osservatorio 2020 di JustEat, il solo delivery mediante app e piattaforme digitali ha raggiunto nel 2020 un valore stimato tra i 700 e gli 800 milioni di euro e nel 2021 procede spedito verso la soglia del miliardo. Un giro d’affari a cui va aggiunto quello di tutti i bar e i ristoranti che raccolgono gli ordini per telefono “alla vecchia maniera”.
Un trend che viaggia velocissimo tanto che già si parla di dark kitchen, ovvero locali che non hanno tavoli né arredi perché gli unici a frequentarli sono i rider.
Volumi in crescita esponenziale, dunque, e proprio per questo non è banale fare un focus sulla sicurezza, Perché se sappiamo che bar e ristoranti devono seguire norme e ispezioni molto severe, cosa succede quando le pietanze escono dal locale diretti verso le nostre case? A rispondere è Serena Pironi, tecnologa alimentare e Moca (Materiali e oggetti a contatto con gli alimenti) Specialist. “Ad oggi non esiste una normativa verticale che disciplini il food delivery; solo la regione Veneto durante il lockdown ha emanato alcune linee guida vincolanti per il proprio territorio”. Eppure, in tempi di pandemia, va da sé che la nostra prima preoccupazione è il contagio.
“Appena il rider consegna la busta, è bene tenere l’imballo esterno fuori dalla sala da pranzo, buttarlo nella spazzatura e igienizzare la superficie dov’è stato appoggiato. Dopodiché bisogna lavare accuratamente le mani con acqua calda e sapone o, in alternativa, un gel igienizzante”. Non sapendo dove sono stati i contenitori né chi li ha toccati, è buona norma travasare il cibo: pazienza se dovremo lavare un piatto in più, ma ci guadagneremo in sicurezza. Poi entra in gioco un’altra questione, garantire che la pietanza arrivi a destinazione in condizioni igienico-sanitarie ottimali.
La regola di base che gli esercenti devono seguire è una: “scegliere i Moca (materiali e oggetti a contatto con gli alimenti) che siano idonei al contatto con quella specifica pietanza e resistano alle temperature di stoccaggio e di trasporto. L’alluminio - continua Pironi - per esempio non va d’accordo con i cibi acidi, le plastiche invece non sono tutte idonee al contatto coi grassi”
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Ma come facciamo a capire se la confezione che ci viene recapitata dal nostro ristorante preferito è quella corretta? Se avanziamo qualcosa, possiamo tenerlo da parte? Serena Pironi viene in nostro aiuto passando in rassegna le 10 cucine più ordinate in Italia, secondo l’Osservatorio di JustEat, e condividendo delle vere e proprie “istruzioni per l’uso”.
Per quanto riguarda la pizza, intramontabile evergreen per gli italiani e al primo posto nella classifica dei cibi più ordinati, “le normative vietano i cartoni riciclati perché, con il calore della pizza, potrebbero rilasciare sostanze potenzialmente dannose. Un cartone a norma è contrassegnato dalla scritta “per alimenti” o dal simbolo di idoneità alimentare e, se stracciato, all’interno dovrebbe essere di colore bianco o avana. Questi requisiti però non garantiscono al 100% che il materiale sia sicuro”. Visto che le sostanze migrano con il calore, riscaldare la pizza mettendola in forno dentro il suo cartone è una pessima idea: dovremmo liberarci anche dall’abitudine di mangiarla nel cartone, perché rischiamo di portarne alla bocca qualche piccolo frammento.
Merita un po’ di attenzione anche l’hamburger, secondo in classifica, perché arriva caldo ed è costituito da un mix di ingredienti acidi, grassi e acquosi. Il contenitore può essere in carta o multistrato con alluminio, purché a contatto con l’alimento ci sia una materia plastica. “Tassativo che ci sia un contenitore separato per le patatine, sia perché contengono più sostanze grasse, sia perché - a differenza del panino - devono rimanere croccanti”, continua la Moca Specialist, aggiungendo che “di base, un hamburger andrebbe consumato entro mezz’ora o poco più, sia per mantenerne il sapore sia per evitare la proliferazione di microrganismi. In alternativa, dovremmo raffreddarlo rapidamente (non in frigo, ma magari in un contenitore immerso in acqua fredda e ghiaccio) per poi riscaldarlo bene al cuore prima del consumo”.
Per gustare senza pensieri il sushi, invece, dobbiamo affidarci a un ristorante di fiducia che abbia seguito scrupolosamente le norme igieniche ma anche eseguito il trattamento di bonifica contro il parassita aniskis e l’abbia refrigerato immediatamente. La catena del freddo non deve essere interrotta e se ne abbiamo ordinato troppo, possiamo conservarlo in un contenitore coperto nel ripiano più freddo del frigorifero, a patto però di consumarlo al pasto immediatamente successivo. Appena fuori dal podio troviamo un’altra cucina etnica, quella cinese. A caratterizzarla è un largo uso di salsa di soia (salata), aceto di riso (acido) e altre salse, che possono risultare aggressive per i contenitori in alluminio o in carta.
“I materiali più inerti sarebbero vetro o acciaio inox, ma non si prestano all’usa e getta. La plastica è adeguata ma solo per il tempo strettamente necessario”, puntualizza la Moca Specialist, invitandoci a travasare in un piatto la nostra porzione di noodles o maiale in agrodolce.
Per l’assenza di acidità e la presenza di grassi, il tradizionale pollo arrosto si presta a essere confezionato nell’alluminio, ma solo se non ha sale in superficie. Bene anche alcune plastiche, purché non contengano Pvc. E se per i panini il contenitore in cartone può essere smaltito nella carta solo se pulito alla perfezione (altrimenti deve finire nell’indifferenziato), per il gelato, +110% di ordini su JustEat ad aprile-maggio 2020, il “tempo di trasporto inferiore ai 20 minuti assicura il rispetto della catena del freddo, evita lo sviluppo di patogeni e mantiene cremoso il gelato”, avverte Serena Pironi. Se avanza, un prodotto artigianale è molto più delicato di quello industriale. “Se non si è già sciolto, possiamo metterlo in freezer solo una volta e consumarlo entro qualche giorno”. Per gli amanti dei croissant, quelli farciti con marmellata, miele e Nutella sono i più sicuri a livello igienico-sanitario.
Il pokè ha registrato un vero e proprio boom con una crescita degli ordini pari al 133% anno su anno, in termini di sicurezza sono valide le stesse indicazioni riferite al sushi. Dichiarata ufficialmente patrimonio Unesco, la cucina messicana spopola anche in Italia. Nel 2020 i nostri connazionali hanno ordinato su JustEat circa 8.000 kg di tacos (+40% rispetto all’anno precedente) e 16.000 kg di burritos (+20%). Per Pironi “i contenitori più adatti sono quelli multistrato con coating plastico. Attenzione alle salse: se sono in monoporzioni devono stare a temperatura ambiente, se invece sono fatte dal ristoratore vanno refrigerate”. In chiusura della top 10 troviamo un’altra new entry, la cucina greca. “Gli alimenti che contengono tanti ingredienti, come la pita greca, il kebab o l’hamburger, hanno caratteristiche similari. È compito del ristoratore scegliere il materiale idoneo, è compito nostro verificare ed evitare gli sbalzi caldo-freddo”.
Infine una riflessione: “il fatto che manchi una norma verticale sul food delivery - conclude Pironi - fa pensare e, lo dico da addetta ai lavori, andrebbe affrontato. La consapevolezza dei consumatori può fare la differenza, perché lancia un segnale sia all’esercente che al legislatore. Ormai siamo abituati a dare i voti a qualsiasi cosa: la bontà del piatto, l’efficienza della consegna, la cortesia del rider. Perché non introdurre anche un rating di qualità e sicurezza per i ristoranti?”.

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