Il peso delle grandi etichette di Bordeaux sul mercato secondario dei fine wine in Asia è praticamente dimezzato dal 2010, quando rappresentavano il 93% degli scambi, ad oggi, con la quota dei bordolesi crollata al 46,5%. Un trend che conferma l’andamento globale dei vini da collezione e da investimento, anche in un mercato, guidato da Hong Kong e dalla Cina, che, per anni, ha avuto occhi solo per Bordeaux, come dimostrano i tanti investimenti nel territorio, dove decine di Chateaux sono passati in mani cinesi. Nel 2010, come ricorda un’analisi firmata dal Liv-ex, il benchmark del mercato secondario dei fine wine, le quote di Italia (2,7%), Borgogna (2%) e Champagne (1,4%) erano a dir poco marginali.
Dal 2011, però, anno in cui i vini bordolesi rappresentarono il 95,5% degli scambi, qualcosa è cambiato. La bolla delle vendite En Primeur di Bordeaux, “pompata” negli anni precedenti proprio dagli investitori asiatici, si è andata sgonfiando, e l’interesse si è spostato su territori e bottiglie più accessibili e, soprattutto, con una maggiore possibilità di apprezzamento nel tempo. Ecco spiegato il boom della Borgogna, che vale in questi primi mesi del 2021 il 29,4% del mercato dei fine wine scambiati in Asia, con lo Champagne al 6,7%, l’Italia al 5,9%, gli Usa al 5,5% e il Rodano al 2,3%. Una crescita costante, che ha vissuto il suo turning point nel 2012, quando i vini di Borgogna raddoppiarono la propria quota rispetto all’anno precedente (9,2%), e quelli di Bordeaux scesero sotto il 90% (89,4%), inizio se non di un declino, di un calo costante e logorante. Di cui, come detto, sta beneficiando anche l’Italia, che, su base annuale, ha segnato il suo miglior risultato nel 2015, con un giro d’affari delle proprie etichette da collezione e investimento pari al 4,9% del totale.
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