Sarebbe interessante, ma anche presumibilmente frustrante, tenere il conto delle ore che, ogni giorno, trascorriamo guardando e leggendo svogliatamente post e foto sui social. La media globale è di 144 minuti al giorno: un’enormità, per quanto spesso sia un passatempo fugace cui prestiamo scarsa attenzione, riconoscendo a Twitter, Facebook, Instagram e TikTok scarsa credibilità quando si parla di cose serie. Eppure, sui social scorre un fiume in piena di informazioni e pubblicità, spesso mitigate dagli influencer e dalla loro narrazione: centinaia, se non migliaia, di giovani e non solo, che fanno della loro quotidianità - in cui tutto, letteralmente, è consumo e prodotto da promuovere - il proprio lavoro. Una forma di marketing e comunicazione che, per forza di cose, attecchisce soprattutto tra i più giovani, ma che, e qui sta la sorpresa, non sembra ancora in grado di sfondare nel vino, come raccontano i risultati del “Vintract” di Wine Intelligence, da cui emerge che la fonte a cui si abbevera il wine lover, in Cina, Usa e Gran Bretagna, ossia tre dei mercati principali per i consumi di vino, è ancora quella dei consigli, amici e colleghi di lavoro, stabilmente al primo posto.
Questo, ovviamente, non vuol dire che i social non si stiano ritagliano un loro spazio, nella gerarchia delle fonti cui attingono in consumatori, ma è limitato alle generazioni più giovani, essenzialmente la Z Generation e, ancora di più, i Millennials. In Cina, globalmente, il 43% dei consumatori abituali di vino ha indicato amici, familiari e colleghi come la fonte più affidabile di informazioni, seguiti dai siti aziendali delle cantine (42%), allo stesso livello di blog, siti internet specializzati e consigli degli e-commerce, con i social menzionati solo dal 34% dei wine lover come fonte attendibile. Ancora indietro, rispetto ai canali tradizionali, ma gli effetti, quando ci sono, sanno essere dirompenti: nel 2019, un live streaming di 30 secondi con Li Jiaqi, influencer da 40 milioni di follower su TikTok/Douyin, durante i festeggiamenti per il Capodanno cinese, ha permesso a Great Wall di vendere qualcosa come 120.000 bottiglie in un battito di ciglia. Ancora meglio ha fatto Viya, conosciuta come “Queen of Taobao”, live streamer seguota da 17 milioni di persone, che durante una sessione di live streaming sponsorizzata - sempre da Great Wall - ha venduto 180.000 bottiglie. Come detto, ad affidarsi ai consigli degli influencer sono soprattutto i più giovani, specie i Millennials, con il 46% che si fida degli esperti online ed il 39% che crede nei social come fonte di informazione credibile, percentuale che crolla tra i giovanissimi (Z Generation) cinesi al 27%.
Negli Stati Uniti, amici e famiglia sono indicati dal 70% dei wine lover come la prima fonte di informazioni per scegliere cosa bere, ma il 40% dei consumatori ammette di fidarsi anche dei social media per reperire informazioni e raccomandazioni su che vino acquistare. Una percentuale che, tra i giovanissimi (Z Generation), sale al 52%, quasi doppia rispetto a quella dei coetanei cinesi. Interessante anche notare che tra i Millennial la credibilità dei social media è ad un livello di poco superiore alla media: 44%. “Quando l’obiettivo è raggiungere i consumatori di vino per creare consapevolezza rispetto ad un’azienda vinicola, o educarli su una regione vinicola, lavoriamo con i “wine influencer”: appassionati di vino con vari gradi di esperienza e educazione enologica, il cui pubblico cerca consigli sul vino”, spiega, a Wine Intelligence, Mar Barbera, senior influencer marketing strategist dell’agenzia di pubbliche relazioni Colangelo & Partners. “Quando miriamo a raggiungere un pubblico più giovane, che non conosce il vino, collaboriamo principalmente con influencer di lifestyle che conoscono il vino, ragazzi con uno stile di vita desiderabile e una cura maniacale per l’estetica, che pubblicano post sui luoghi che visitano, sui ristoranti che amano o sui prodotti che apprezzano. I loro follower sono aperti a queste raccomandazioni perché si fidano del loro gusto e spesso puntano ad emularli”.
Se i giovani americani prestano sempre più attenzione a social, influencer ed altre fonti di informazione online, i loro coetanei nel Regno Unito continuano ad avere un approccio più tradizionale al mondo del vino: in generale, solo il 29% dei wine lover britannici si rivolge ai social per un consiglio enoico. E la percentuale non è diversa tra Millennial e Z Generation. Inoltre, se il livello di fiducia nelle informazioni fornite da un wine blogger o da un esperto di vino onlone è del 40%, amici, familiari e colleghi (75%) rimangono di gran lunga le fonti di informazioni più affidabili per i bevitori di vino abituali del Regno Unito. In definitiva, il fenomeno degli influencer, e più ingenerale il peso dei social network sui consumi di vino, non è lontano dall’essere dominante, ma è una tendenza da non prendere assolutamente sottogamba, con cui le cantine, anche quelle italiane, devono necessariamente essere in grado di relazionarsi, perché in Usa - come visto - i consigli che corrono su Facebook, Instagram o TikTok, sono ascoltati da un giovane su due, e in Cina basta relativamente poco per far impennare le vendite.
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