Le origini della vite, e quindi dell’uva, risalgono a qualcosa come 200 milioni di anni fa, a quando risalgono i fossili più antichi del genere delle “Ampelidee”, rinvenuti nel Caucaso. Ben più recente, ovviamente, la domesticazione della vite e poi la viticoltura, che inizia intorno al 4.000 a. C. in Mesopotamia, e poi, attraverso i Greci prime e i Romani poi, conquista prima l’Europa e poi, di pari passo con le scoperte e le colonizzazioni delle terre più remote, il Nuovo ed il Nuovissimo Mondo, ossia le Americhe e l’Oceania. Tracce di uva, però, si trovano anche prima di queste date, tanto che l’uva più antica della Valpolicella, ad esempio, ha 6.300 anni, e proviene dal sito preistorico delle Colombare di Villa, a Negrar di Valpolicella, abitato già tra il Neolitico e l’età del bronzo, come raccontano i risultati emersi dalle campagne di scavo condotte dal Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano (iniziate nel 2019), in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia di Verona, Rovigo e Vicenza e il Comune di Negrar di Valpolicella , dirette da Umberto Tecchiati, professore di Preistoria ed Ecologia Preistorica all’Ateneo di Milano.
Il rinvenimento di pollini di vite e vinaccioli negli strati archeologici più antichi ha confermato che la pianta, seppur probabilmente allo stato selvatico, doveva essere accudita in quest’area dei Monti Lessini già 6.300 anni fa, nel Neolitico recente. Sono stati prelevati dagli strati archeologici diversi tipi di campioni: di terreno, di ossa animali, di micro e macroresti vegetali, e le ricerche palinologiche, archeobotaniche e archeozoologiche confermano che il sito delle Colombare di Villa fosse abitato da contadini, che qui coltivavano cereali e allevavano animali domestici. Per ottenere ulteriori conferme sulla eventuale continuità delle attività produttive nel corso dei millenni - considerando che la Valpolicella è oggi uno dei comparti vitivinicoli più importanti del Belpaese - lo staff di scavo ha intenzione di proseguire le analisi di laboratorio, stavolta soprattutto sui resti dei contenitori ceramici, alla ricerca di tracce di vino. La vinificazione, infatti, era possibile già nella Preistoria, ma la conferma che nel sito delle Colombare l’uva sicuramente consumata fosse anche trasformata in vino sarà possibile solo con il proseguimento della campagna. I risultati emersi dalle ultime analisi di laboratorio si sono aggiunti a quelli provenienti dallo scavo stratigrafico e dai rilievi topografici svolti durante la campagna di scavo 2021, conclusasi a fine settembre, dopo sei settimane di ricerche, confermando la frequentazione del sito per un periodo lunghissimo, di 3.000 anni, e ribadendo la fondamentale importanza per il territorio dei Lessini del centro produttivo, allora come oggi.
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