Le bizze di un clima infausto, un po’ in tutto il mondo, la ripresa dei consumi e della domanda dopo la pandemia di Covid-19, gli effetti del rallentamento dell’economia mondiale dell’ultimo anno e mezzo sulla logistica e sui trasporti: è il mix, letale, che spiega, in buona parte, il boom dei prezzi delle materie prime, comprese le commodity agricole, al centro di “Commodity Agricole 2022”, evento organizzato da Unione Italiana Food ed Areté per far luce sui trend attesi per il 2022 di 30 diverse materie prime agroindustriali, che ha fatto il punto sui mercati delle materie prime agrifood, con la tensione sui prezzi che non risparmia nulla, dal mais (ai massimi da 15 anni) al frumento (+90% tra maggio e ottobre), dalle uova (+26%) al latte (+60%), dalla frutta secca (+60%) al caffè (+80%), dallo zucchero grezzo (+30%) allo zucchero bianco (che supera i 600 euro a tonnellata), dal cacao (+20%) all’olio extravergine di oliva (+25%), fino ai legumi (tra il +50% e il +80%). “La situazione sui mercati sta incidendo in modo rilevante sui costi di produzione della nostra industria alimentare, che sta facendo i conti con quotazioni largamente al di sopra delle medie e in alcuni casi vicini ai massimi storici”, commenta Mario Piccialuti, dg Unione Italiana Food. “Molti mercati hanno già scontato gli aumenti più sostenuti, ma in alcuni casi ci attendiamo ancora rialzi e per tutti il ritorno a livelli di prezzo pre-pandemia richiederà tempo per la ricostituzione degli stock. Fondamentale monitorare i mercati e sfruttare, ove possibile, gli strumenti delle coperture”, aggiunge Mauro Bruni, presidente Areté.
Tra i prodotti sotto la lente, i cereali, che registrano mercati in forte tensione per la ripresa della domanda asiatica, congiuntamente a fenomeni meteo avversi, principalmente in Nord America, che hanno portato i prezzi di mais, grano tenero e grano duro ai massimi dagli ultimi 10/15 anni. Per il frumento duro la siccità in Nord America (Usa e Canada) ha determinato un calo di produzione di oltre il 40% sulla campagna precedente di Usa e Canada, normalmente la principale area di produzione ed esportazione di grano duro al mondo, che portato aumenti di prezzo sul mercato italiano di quasi il 90% da maggio ad ottobre, i massimi storici, che non si vedevano dal 2008. Su uova, latte e derivati pesano gli aumenti di cereali e semi, che hanno determinato rincari sui mangimi che, a loro volta, mettono in tensione il comparto. I prezzi delle uova sono aumentati del +26% da metà luglio anche sulla scorta di nuovi focolai di aviaria in Ue, il prezzo del latte spot in Italia è aumentato del 60% da maggio ad ottobre 2021, anche per effetto dei ritardi nelle consegne di latte, trasmettendo tensione anche su burro, polvere di latte e formaggi.
Per la frutta secca la domanda in ripresa e la carenza idrica in California hanno spinto i prezzi delle mandorle su del +60% in un anno. Aumenti anche per il pistacchio (+46% da inizio anno) principalmente per effetto della siccità in Iran. Problemi di offerta anche per le nocciole, con un calo del 60% in Italia per le gelate di inizio anno e prezzi che fanno già segnare aumenti superiori al 50% rispetto sull’anno precedente. Il mondo anacardi soffre particolarmente le difficoltà sul trasporto marittimo, con il prodotto dal Vietnam che ha subito rincari di oltre il 25% in un anno. Per il caffè si registrano aumenti di prezzo di quasi l’80% da inizio anno, dovuto alla forte riduzione degli stock e alla grave siccità che sta danneggiando canneti e piantagioni di caffè Arabica in Brasile (primo produttore ed esportatore mondiale), mentre per il “Robusta” pesano i rallentamenti alle esportazioni causa Covid in Vietnam.
Per lo zucchero grezzo, a livello mondiale, gli aumenti di prezzo arrivano al +30% da inizio anno, sempre a causa del meteo e del Covid-19, come visto per il caffè, tra Brasile, Vietnam e India, che sono Paesi chiave anche per lo zucchero. In Europa, lo zucchero bianco vive difficoltà produttive, che hanno determinato una erosione delle scorte, con il Vecchio Continente che deve aumentare le importazioni dai mercati internazionali, a prezzi più sostenuti: in Italia i prezzi sono passati dai 460 euro alla tonnellata di fine 2020 alle quotazioni attuali anche superiori ai 600 euro. Rialzi superiori al 20% per la fava di cacao fra luglio ed inizio ottobre, dopo un anno di tranquillità dovuto alle abbondanti produzioni in Africa. Pesante correzione nel corso di ottobre, con un calo di quasi il 10% in appena due settimane. Carenza di mano d’opera in Malesia causa Covid-19, ripartenza della domanda dei grandi Paesi importatori, perturbazioni di El Niño e rincari sul petrolio hanno determinato un aumento dei prezzi di tutto il comparto oli vegetali - palma, girasole, colza, cocco - con incrementi dell’ordine del 50% nel periodo giugno-ottobre 2021.
L’olio extra vergine di oliva registra aumenti del 25% per il prodotto Ue nel 2021, mentre lievi cali si sono registrati per il prodotto italiano. Infine, in questa carrellata, i legumi, con le condizioni meteo di siccità in Canada che hanno pesato sulle produzioni di piselli e lenticchie, con quotazioni in Saskatchewan che da inizio giugno sono aumentate rispettivamente del +80% (piselli verdi) e del +50% (lenticchie rosse).
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