Tra i tanti cambiamenti - piccoli e grandi - che la pandemia ha lasciato e lascerà sulla quotidianità di tutti noi, e che ci porteremo dietro a lungo, c’è il rapporto tra consumatori e social media. Una rivoluzione, nella comunicazione, nella costruzione delle reti sociali, e quindi nei consumi e nel marketing, iniziata da tanti anni, ed in continua e rapida evoluzione. Nei mesi di lockdown, e poi di chiusura dei bar e dei ristoranti, ad emergere è stato TikTok, il social cinese diventato punto di riferimento dei più giovani, capace, nell’ultimo anno, di ampliare enormemente la propria base utenti, diventando sempre più mainstream anche tra i consumatori “legal drinking age” di alcolici. Come raccontano i numeri Iwsr - International Wine & Spirits Research, nei dieci mercati chiave analizzati (Cina, Brasile, Russia, Italia, Spagna, Usa, Uk, Francia, Germania e Giappone) il numero di utenti di TikTok è cresciuto ovunque in maniera sensibile.
Gli incrementi maggiori si registrano tra Brasile, Spagna e Giappone, e se a questi si aggiungono Gran Bretagna e Francia, i nuovi utenti - limitatamente ai consumatori sopra l’età legale per bere alcolici - sono ben 37 milioni. Generalmente, sono per la maggior parte giovani appartenenti alla Generazione Z e ai Millennials che, nonostante stipendi medi in linea con la popolazione generale, spendono mediamente di più in alcolici. In Brasile, ad esempio, tra Millennials e Generazione Z gli utenti di TikTok sono passati - tra agosto 2020 e giugno 2021 - dal 35% al 62%, e tra la Generazione X dal 27% al 48%, mentre in Spagna la crescita è tutta compresa tra Millennials e Generazione Z. Discorso a parte va fatto per la Cina, dove a giugno 2021 gli utenti di Douyin (il nome di TikTok nel Paese del Dragone, dove ha una penetrazione molto superiore al resto del mondo, ndr) in età legale per bere alcolici erano ben il 78%, dal 70% di agosto 2020. Una tendenza cresciuta rapidamente, come tutto ciò che accade sui social, ma che, come dimostrano gli ultimi risultati del “Vintract” di Wine Intelligence, non hanno sul panorama dei consumi - di vino e non solo - l’impatto che ci si potrebbe immaginare. La fonte a cui si abbevera il wine lover, in Cina, Usa e Gran Bretagna, ossia tre dei mercati principali per i consumi di vino, è ancora quella dei consigli, amici e colleghi di lavoro, stabilmente al primo posto.
In Cina, globalmente, il 43% dei consumatori abituali di vino ha indicato amici, familiari e colleghi come la fonte più affidabile di informazioni, seguiti dai siti aziendali delle cantine (42%), allo stesso livello di blog, siti internet specializzati e consigli degli e-commerce, con i social menzionati solo dal 34% dei wine lover come fonte attendibile. Ancora indietro, rispetto ai canali tradizionali, ma gli effetti, quando ci sono, sanno essere dirompenti: nel 2019, un live streaming di 30 secondi con Li Jiaqi, influencer da 40 milioni di follower su TikTok/Douyin, durante i festeggiamenti per il Capodanno cinese, ha permesso a Great Wall di vendere qualcosa come 120.000 bottiglie in un battito di ciglia.
Come detto, ad affidarsi ai consigli degli influencer sono soprattutto i più giovani, specie i Millennials, con il 46% che si fida degli esperti online ed il 39% che crede nei social come fonte di informazione credibile, percentuale che crolla tra i giovanissimi (Z Generation) cinesi al 27%. Negli Stati Uniti, amici e famiglia sono indicati dal 70% dei wine lover come la prima fonte di informazioni per scegliere cosa bere, ma il 40% dei consumatori ammette di fidarsi anche dei social media per reperire informazioni e raccomandazioni su che vino acquistare. Una percentuale che, tra i giovanissimi (Z Generation), sale al 52%, quasi doppia rispetto a quella dei coetanei cinesi. Interessante anche notare che tra i Millennial la credibilità dei social media è ad un livello di poco superiore alla media: 44%.
Se i giovani americani prestano sempre più attenzione a social, influencer ed altre fonti di informazione online, i loro coetanei nel Regno Unito continuano ad avere un approccio più tradizionale al mondo del vino: in generale, solo il 29% dei wine lover britannici si rivolge ai social per un consiglio enoico. E la percentuale non è diversa tra Millennial e Z Generation. Inoltre, se il livello di fiducia nelle informazioni fornite da un wine blogger o da un esperto di vino onlone è del 40%, amici, familiari e colleghi (75%) rimangono di gran lunga le fonti di informazioni più affidabili per i bevitori di vino abituali del Regno Unito. In definitiva, il fenomeno degli influencer, e più ingenerale il peso dei social network sui consumi di vino, è ancora lontano dall’essere dominante, ma è comunque una tendenza da non prendere sottogamba, con cui le cantine, anche quelle italiane, devono necessariamente essere in grado di relazionarsi, perché in Usa - come visto - i consigli che corrono su Facebook, Instagram o TikTok, l’unico che registra una crescita importante degli utenti, sono ascoltati da un giovane su due, e in Cina basta relativamente poco per far impennare le vendite.
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