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BIBLIOTECA ENOGASTRONOMICA

Esiste ancora l’atto del mangiare, una delle dimensioni della festa e intervallo nella routine?

È la domanda di Serena Guidobaldi in “Cibo e identità. L’identità nell’epoca della sua riproducibilità gastronomica”. Un paradosso di grande attualità
CIBO, IDENTITÀ, LETTERATURA, Non Solo Vino
Il volume “Cibo e identità” di Serena Guidobaldi

L’atto del mangiare “fuga dal tempo imposto, scandito, e collocato in un tempo che non avviene a prescindere, ma avviene solo se lo si acciuffa, e solo allora produce una memoria che ci rappresenta, nella quale ci riconosciamo e in cui (ri)troviamo una prospettiva, personale e collettiva, e come “una delle dimensioni della festa, un evento differente della routine quotidiana, che sospende il flusso in cui siamo immersi costantemente”, ma esiste ancora? È l’interrogativo di Serena Guidobaldi in “Cibo e identità. L’identità nell’epoca della sua riproducibilità gastronomica”, un saggio che analizza un paradosso di grande attualità intercettando le tendenze della passione per la cucina e per il cibo, quella sempre più diffusa della ricerca dell’autenticità, della tradizione e dell’artigianalità ad ogni costo, e del digitale, che a volte sfiorano quasi la mania, facendoci perdere di vista ciò che realmente mettiamo nel piatto e allontanandoci sempre di più dal vero valore e significato del mettersi a tavolo. E che la dice lunga sul rapporto che abbiamo con il cibo, e come questo influenzi la nostra vita, ben oltre la tavola.
Il volume dell’autrice è un vero e proprio pamphlet tascabile (Eris Edizioni, luglio 2021, pp. 64, prezzo di copertina 6.00 euro), da portare sempre con sé per non scordarsi ciò che invece ci stiamo dimenticando: mangiare è nutrire il corpo e la mente, vuol dire prendersi cura di noi stessi e degli altri, portando in tavola valori come la qualità, la convivialità e il piacere che è anche quello di stare insieme punto.
E, poi, c’è il vero paradosso analizzato dalla scrittrice, secondo il quale troviamo ovunque narrazioni sul cibo tradizionale e genuino, sulle vere ricette “della nonna”, produciamo sempre più “prodotti dell’identità”, rimarcandone la provenienza e l’autenticità, ma li vendiamo in luoghi anonimi e omologati, dalla grande distribuzione ai discount, che dalla loro hanno una reperibilità più immediata e una maggiore comodità, oltre che la leva del prezzo. Ma ci diciamo anche che grazie alla pandemia abbiamo ritrovato la passione per la cucina, mentre aumentano i cibi pronti nei supermercati e le consegne a domicilio. E mentre la retorica della “food experience” è sempre più invasiva e siamo alla ricerca del miglior ristorante tipico e del piatto autentico, consumiamo cibi sempre più basati su una falsa memoria.
Serena Guidobaldi ci ricorda che il cibo è un mezzo di creazione identitaria, ma tra chi siamo e chi vogliamo essere, nell’era della riproducibilità gastronomica, ci sono il marketing con le sue allettanti e confortevoli prospettive, il web ed i social, che ci permettono di vivere la passione per il cibo anche nel poco tempo che abbiamo nella frenesia quotidiana. Insomma, stiamo dando non solo il nostro cibo, ma anche la nostra identità, in pasto all’omologazione.

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