In principio furono il famoso trattato sul “Galateo” di Giovanni Della Casa (1558) e ancor di più il precedente “Il libro del Cortegiano” di Baldassar Castiglione (1513-1514), a definire le regole del bon ton. Oggi l’invito a rinnovare il piacere di ricevere, di stare insieme, del bello e del benfatto, ed a riflettere sulle buone maniere intese come forma di cortesia e di rispetto verso gli altri, coniugandoli agli stili di vita della contemporaneità, arriva da Buccellati che debutta alla “Milano Design Week 2022” con la mostra “Galateo. A Journey into Conviviality” dedicata alla riscoperta della tavola come luogo d’eccellenza dove praticare le relazioni sociali, in una celebrazione della convivialità che rimette al centro valori quali empatia, gentilezza e grazia, nel suo headquarter in Via Brisa 5, un palazzo disegnato dall’iconico architetto milanese Piero Portaluppi nel 1919, anno in cui Mario Buccellati fondò l’azienda.
Curata da Federica Sala, con un allestimento firmato dallo studio Stefano Boeri Interiors, la mostra prende avvio dal ricco assortimento che Buccellati dedica da sempre all’“art de la table”, mettendo in scena un coté meno noto del savoir-faire della Maison artigianale italiana, universalmente rinomata per le sue creazioni di alta gioielleria, e si sviluppa come un racconto in quattro atti, affidati ad altrettante figure di spicco del panorama del design internazionale: Dimorestudio, Ashley Hicks, Chahan Minassian e Patricia Urquiola. Ciascuno di loro è chiamato a reimmaginare “la tavola” attraverso le storiche collezioni in argento Buccellati (Caviar, Doge, Marina e Rouche, Tahiti) e le porcellane della collezione “Double Rouche - Florence Furnace”, nate dalla collaborazione con Ginori 1735, da secoli uno tra i principali marchi mondiali nel settore del lusso e del lifestyle, espressione dell’eccellenza italiana nella porcellana pura e nel design di altissima qualità. Immancabile per un’“art de la table” perfetta, il vino, con La Scolca, la storica cantina del Gavi, il “bianco Cortese”.
“La città in terrazza”, Stefano Boeri Interiors
Il progetto di allestimento della mostra disegnato da Stefano Boeri Interiors nasce dall’idea di porsi in dialogo con Milano e i suoi simboli, anticipandone l’evoluzione e creando un ambiente immersivo che, attraverso l’uso misurato e sapiente di superfici riflettenti e forme spezzate, sia in grado di riflettere la città in tutte le angolazioni possibili. Oltre a rimarcare il forte legame di Buccellati con la milanesità, del cui “genius loci” la Maison di gioiellieria è espressione, l’allestimento integra il mondo naturale nell’architettura, portando il verde sulla terrazza panoramica al quinto piano, dalla quale si accede all’esposizione. Se Milano è nota per i suoi “giardini segreti”, si dimostra in questo frangente anche una città di tetti e di terrazzi, che possono divenire ambiti di socialità.
“A Magical Tent”, Ashley Hicks
L’installazione di Ashley Hicks ispirata ai grandi banchetti storici, celebra il rituale sociale del convivio rievocando le atmosfere mirabolanti dell’epoca barocca che seppe portare all’estremo la spettacolarizzazione del cibo, attraverso l’elaborata “mise en table” e il display degli argenti come simbolo di potere. A enfatizzare la dimensione teatrale, il designer inglese costruisce la scena all’interno di una tenda rossa, per tradizione il colore dell’accoglienza e dell’ospitalità, alla quale si accede dalla terrazza inverdita a giardino: si attraversa una zona buia, rischiarata dalla flebile luce di uno chandelier, per giungere infine a una tavola fiabesca inondata di luce diurna; una parete a specchio incorniciata dal fastoso tendaggio moltiplica lo spazio e accentua il senso d’incanto confondendo realtà e sogno. Hicks immagina una festa magnifica, tutta ombra e luce, allegoria e magia, e apparecchia un fantasioso mondo marino. Attingendo al repertorio di Buccellati imbandisce la tavola groupage di conchiglie vestite d’argento della collezione Marina, vassoi dai profili increspati come le onde del mare della collezione Rouche, e un grande centrotavola a forma di cestino da pesca (un pezzo disegnato da Mario Buccellati intorno al 1960), assieme ai piatti in porcellana Ginori 1735 e ai Totem in finto porfido (o altre finiture di tipo lapideo), ovvero le celebri sculture realizzate da Hicks e per l’occasione ornate da dettagli in argento dalla maison milanese.
“Dinons au boudoir”, Chahan Minassian
Per celebrare l’arte della tavola, Chahan Minassian allestisce un intimo boudoir immerso in una quiete sontuosa. Il designer francese immagina la sua installazione come un trionfo di oggetti pregiati, alla stregua di una scatola di gioielli, dove la giustapposizione di tessiture variegate, arredi esuberanti e accessori eleganti riflette il gusto eclettico del collezionista-padrone di casa, inevitabilmente attratto dal dettaglio ricercato. In questo stratificato tableau s’incontrano elementi disegnati dallo stesso Minassian, tra cui le abat jour Pyramid, il lampadario in vetro di murano turchese o il monumentale paravento con pannelli in cristallo di rocca, e pezzi storici rari come la scultura Bush di Harry Bertoia della fine degli anni Sessanta, le sedie in stile neoegizio di Horacio Cordero, o come, pièce de résistence dell’allestimento, un tavolo brutalista del designer argentino Hugo Cesar Tonti, con il basamento in bronzo che ricalca il portamento vigoroso delle carnose foglie di agave. Il tablescape mette in risalto la delicatezza del servizio in argento che include secchielli per il ghiaccio, flûte, piatti e posate della collezione Caviar di Buccellati, tempestati di tante piccole sfere unite a formare fasce decorative. Completano la tavola porcellane e bicchieri in vetro soffiato su disegno di Minassian. Il designer presta la massima attenzione ai particolari e alle qualità tattili degli oggetti in uso, perché l’esperienza sia un piacere per gli occhi prima ancora che per il palato.
70s Remix, Dimorestudio
Dimorestudio sceglie un servizio d’argento che si richiama all’antico gusto veneziano e lo trasporta nella sala da pranzo di un appartamento anni Settanta. Blocchi monocromatici in tonalità profonde, aubergine e morbide nuance di marrone, delineano gli spazi e i volumi dell’arredo modulare che conferisce all’ambiente un’allure rétro, mentre piani espositivi integrati permettono di alloggiare opere d’arte e pezzi storici di design. I materiali impiegati instaurano un gioco di contrasti: freddi e levigati come gli specchi e i dettagli in acciaio spazzolato, oppure morbidi e caldi come i rivestimenti delle sedute, la moquette, le fluttuanti frange che ricadono dalle lampade a soffitto. Britt Moran e Emiliano Salci mutuano modi e stili da Maria Pergay, per l’uso di campiture estese e lo styling di argenti e ceramiche, da Nanda Vigo, per le conversazioni materiche, da Pierre Cardin per i raffinati cromatismi, rielaborando i riferimenti storici con un twist personale e contemporaneo. Costruiscono un set di sapore cinematografico, accompagnato da un sottofondo di musica elettronica soft, dove il punto focale è il tavolo disegnato da Salci con piano riattato in legno laccato, sul quale sono organizzate, in modo deliberatamente non rigoroso, le caraffe, i bicchieri, i piatti e le jatte della collezione Doge di Buccellati, connotata dalla commistione tra argento e tagli di lapislazzuli e diaspro rosso.
Picnic, Patricia Urquiola
Patricia Urquiola reinterpreta il tema dell’etichetta a tavola con un approccio giocoso, ma sofisticato. L’installazione della designer di origini spagnole prende spunto dall’immagine del cestino da picnic, oggetto che rievoca immediatamente un’antica tradizione popolare e richiama per antonomasia l’idea dello stare assieme. Ma Urquiola non declina il concetto in maniera letterale, lo traduce piuttosto in un’astrazione simbolica dove convivialità e natura s’incontrano in una leggiadra fantasticheria. Il metaforico banchetto si concretizza allora in uno spazio completamente coperto di sughero dove sembra galleggiare, al centro, una griglia che ricorda il tipico pattern della tovaglia a quadretti, emblematica di ogni picnic. Su questo sfondo danzano le batterie Tahiti di Buccellati in argento e bambù (il nome della collezione è un omaggio al paesaggio incontaminato della Polinesia) e le preziose porcellane dipinte “Double Rouche - Florence Furnace”, realizzate da Buccellati con Ginori 1735. La scena è avvolta da una lussureggiante vegetazione che ricrea un contesto bucolico ed è un invito a godere del dialogo con il mondo naturale. La sensibilità ecologica si manifesta qui anche nella scelta dei materiali utilizzati, come il polietilene tereftalato (Pet) con cui è intessuta a mano la “tovaglia” tartan, riciclabile al 100%. Un banchetto fuori dall’ordinario che ci possa far tornare alla mente i momenti felici trascorsi con le persone che amiamo, circondati dalla natura.
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