Niente insetti, siamo italiani. E’ la sintesi dell’indagine, realizzata da Coldiretti/Ixe, in seguito alla presa di posizione di Barilla di non voler produrre pasta con farina di insetti: secondo il sondaggio il 54% è assolutamente contrario, il 24% è indifferente, il 16% è favorevole, mentre non risponde il 6%. Dunque, la maggioranza degli italiani considera gli insetti estranei alla cultura alimentare nazionale e non li porterebbe mai a tavola.
Tutto nasce da un video della Fondazione Barilla - un appuntamento fisso in cui si parla di argomenti relativi all’alimentazione, la sostenibilità e la salute - in cui un comico introduce il tema degli insetti a scopo alimentare. Un’uscita che non è passata inosservata e che ha provocato una vera e propria sollevazione di scudi sui social, tanto che Barilla si è vista costretta a rimuovere il video e a sottolineare, con un comunicato, di non avere nessuna intenzione di produrre in futuro pasta a base di farina di insetti. E che la “pasta Barilla continua ad essere prodotta con grano duro 100% italiano”.
Eppure la commercializzazione di insetti a scopo alimentare è resa possibile in Europa dall’entrata in vigore dal 1 gennaio 2018 del regolamento Ue sui “novel food”, che permette di riconoscere gli insetti interi sia come nuovi alimenti che come prodotti tradizionali da Paesi terzi. Al momento la Ue ha già autorizzato la vendita, come cibo da portare in tavola, di grilli domestici (Acheta domesticus), della larva gialla della farina (Tenebrio molitor) e della Locusta migratoria. Una corretta alimentazione non può però prescindere dalla realtà produttiva e culturale locale dei singoli Paesi, e a questo principio non possono sfuggire neanche bruchi, coleotteri, formiche o cavallette a scopo alimentare che, anche se iperproteici, sono molto lontani dalla realtà culinaria nazionale italiana ed europea.
Al di là della normale contrarietà degli italiani verso prodotti lontanissimi dalla cultura nazionale, l’arrivo sulle tavole degli insetti solleva dei precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte, facendo chiarezza sui metodi di produzione e sulla stessa provenienza e tracciabilità, considerato che la maggior parte dei nuovi prodotti proviene da Paesi extra Ue, come la Cina o la Thailandia, da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari.
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