Maiali & Champagne: non è il solito abbinamento rustic-chic, ma un tandem vincente in nome della sostenibilità. Nei vigneti delle bollicine più famose del mondo arrivano direttamente dalla Nuova Zelanda i maiali Kunekune - una parola Maori che significa “tondo e grasso” - con il preciso compito di pulire a fondo i filari, per combattere le erbacce, le muffe e altri funghi, oltre che per aerare il terreno. Questo consente una riduzione significativa dell’uso di trattamenti chimici in vigna.
Testati per la prima volta l’anno scorso nella regione vinicola di Bordeaux, questi animali, di taglia nana e dal mantello nero, rosso e crema, potrebbero essere una scelta migliore rispetto alle pecore, che si limitano a tagliare le piante indesiderate. Invece i piccoli maiali consentono un lavoro accurato e preciso, intervenendo più a fondo e smuovendo anche le zolle. Inoltre, essendo di taglia piccola, non riescono ad arrivare ai grappoli e possono passare anche sotto ai fili. Ma non è tutto: secondo Olivier Zebic, agronomo e consulente dell'industria vinicola, i Kunekune potrebbe costituire un elemento fondamentale per l’obiettivo dell’ente regionale dell’industria dello Champagne di certificare il 100% dei coltivatori come eco-compatibili entro il 2030. L’utilizzo di animali nella lavorazione dei vigneti non è una novità: sono diverse le aziende vinicole, anche in Italia, che li hanno inseriti nel loro ciclo produttivo, con un’influenza positiva sulla vita del suolo e sulla biodiversità. Una pratica normale in passato, quando l’agricoltura integrata era la norma, che adesso sta tornando alla ribalta. Le pecore sono le più utilizzate, non solo perchè ripuliscono i filari dalle erbacce, ma anche perchè producono fertilizzante prezioso con il letame e trasportano, grazie alla loro lana, semi e spore, favorendo la biodiversità.
Le usa per esempio Moët & Chandon, una delle maison più iconiche dello Champagne: 220 animali delle razze Ile de France, Suffolk e Solognote pascolano negli 86 ettari di vigneti dell'azienda. Il gregge fa parte del programma “Natura Nostra”, che Moët & Chandon ha lanciato nel 2021 con l’obiettivo di promuovere la biodiversità e lavorare con l’agricoltura rigenerativa. Anche le oche, oltre che le mucche, vengono sempre più utilizzate come “diserbante” naturale tra i filari.
Un’altra razza di animali particolarmente amata dai viticoltori è il cavallo, che sta tornando in auge per le lavorazioni con l’aratro, molto meno impattanti per il suolo rispetto ai mezzi meccanici. Se in Borgogna questa rappresenta quasi una prassi - da Domaine de la Romanée-Conti a Château Latour, che ha reintrodotto fin dal 2008 i cavalli da tiro per la lavorazione dei terreni, in particolare di quelli convertiti a biologico, come lo storico vigneto L’Enclos - in Italia ci sono aziende pioniere come Coffele, nel Veronese, o Gianfranco Fino in Puglia.
Unica avvertenza: gli animali devono essere allontanati dal vigneto prima che l’uva inizi a maturare. Non appena questa diventa dolce, si trasforma infatti in una tentazione irresistibile per tutti.
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