Il nostro Paese ha bisogno di acqua per dare ossigeno alle campagne dopo le stagioni caratterizzate dalla siccità. Un’operazione necessaria ma che ha i suoi costi. “Serve un miliardo per aumentare la raccolta di acqua piovana oggi ferma all’11%, attraverso la realizzazione di invasi che garantiscano acqua per gli usi civili, per la produzione agricola e per generare energia pulita idroelettrica”. A dirlo è stato il presidente Coldiretti Ettore Prandini, nella cabina di regia Pnrr sul RepowerEu, con il Ministro degli Affari Europei Raffaele Fitto. Con il 2022 che è stato l’anno più secco in Europa da quando ci sono rilevazioni scientifiche, secondo l’allarme lanciato da Copernicus, le risorse Repower Eu e Fondo sviluppo e coesione in corso di programmazione con operazioni complementari al Pnrr, ha sottolineato Prandini, rappresentano un’opportunità da non sprecare per efficientare la gestione dell’acqua, produrre energia pulita e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Gli invasi infatti rappresentano anche una delle forme più sostenibili per l’accumulo di energia ed è fondamentale coinvolgere grandi soggetti come Terna, Enel, Eni in un partenariato utile allo sviluppo della sicurezza energetica e idrica del Paese.
Secondo il presidente Coldiretti, occorre poi sostenere gli investimenti per il risparmio energetico e idrico nelle aziende agroalimentari assicurando un adeguato stanziamento ma anche considerare la produzione di crediti di carbonio e la loro potenziale vendita ad altre aziende, in un’ottica di economia circolare e di sostenibilità del Paese, attraverso scelte amministrative chiare e semplici. Sul tema delle bioenergie è poi necessaria, ha detto ancora Prandini, “la riapertura della trattativa in sede Ue per inserire nelle deroghe dopo il 2035 accanto ai carburanti sintetici anche i biocarburanti, un settore dove l’Italia è leader realizzando un perfetto modello di economia circolare. Strategico anche lo sviluppo del biometano made in Italy in linea con la necessità sancita da RepowerEU di produrre entro il 2030 ben 35 miliardi di metri cubi standard (Smc) di biometano “europeo” che permetterà una riduzione delle emissioni di CO2 e importanti ricadute in termini occupazionali. La riconversione degli impianti esistenti di biogas coinvolge 1.500 imprese che in passato hanno investito nel settore e che possono con questo progetto continuare ad assicurare una quota di energia da fonti rinnovabili e indipendente dalle importazioni, soprattutto se si riuscirà ad accelerare le operazioni di allaccio alla rete gas e di ridurre i costi. In tale ottica è necessario confermare l’incentivo in conto esercizio almeno fino al 2028 per stimolare l’industria nazionale ad investire nel settore”. Mentre “sul fotovoltaico è importante assicurare continuità alla misura che prevede incentivi per le aziende agricole che installano pannelli fotovoltaici sui tetti di aziende, stalle e cascine, assieme allo sviluppo delle comunità energetiche rurali”. Ma sul fronte energetico “un’opportunità può venire anche dallo sviluppo della produzione di olio vegetale puro a scopo energetico che ha dimostrato di essere una valida soluzione per diminuire la dipendenza dal gas di importazione. In Italia se ne producono 180.000 tonnellate annue grazie alle quale sarebbe possibile diminuire il consumo di gas metano di 198 milioni di m3/anno”. Per Prandini “all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza è necessario anche il finanziamento per almeno 200 milioni di euro del bando per la logistica, elemento centrale per la competitività di tutto il sistema, ma anche assicurare il sostegno più largo possibile ai progetti del V bando dei contratti di filiera del Masaf. Uno strumento che ha visto un vero e proprio boom di domande con oltre 300 progetti presentati da 6.500 aziende, con un fabbisogno aggiuntivo di circa 5 miliardi di euro. Un volano che può portare a investimenti per 11 miliardi di euro in tutte le filiere strategiche del made in Italy”. Il presidente Prandini ha concluso dicendo che “nello stabilire il nuovo riparto delle risorse del RepowerEU, così come nella revisione del Pnrr e dei fondi strutturali, è dunque strategico poter raddoppiare i fondi per il settore agricolo dando fiducia a un comparto vitale, che sta dimostrando di credere nel Paese, che occupa nel complesso 4 milioni di persone e raggiunge in forma aggregata i 580 miliardi di euro di fatturato, il 25% del Pil nazionale”.
Sul tema è intervenuta anche Confagricoltura attraverso il presidente Massimiliano Giansanti, intervenuto alla Cabina di regia sul Pnrr a Palazzo Chigi, indicando alcuni interventi prioritari per il settore agricolo. “I costi di produzione delle imprese, la spinta inflattiva, l’emergenza idrica e le sfide di ammodernamento tecnologico e digitale del settore primario sono impegni che necessitano di essere affrontati contestualmente alla crisi energetica per poter garantire all’agricoltura italiana di superarli. In tale contesto, per gestire meglio le risorse a disposizione è indispensabile il riallineamento della programmazione dei fondi di coesione, con il Pnrr e il RepowerEU”.
“In linea con l’esigenza di ridurre le emissioni inquinanti e rafforzare la competitività delle imprese resta fondamentale investire nello strumento dei “Contratti per la logistica agroalimentare” inseriti nel Pnrr, che prevedono il sostegno agli investimenti finalizzati a potenziare i sistemi di logistica e stoccaggio. Occorre aggiungere risorse al bando sulla logistica agroalimentare, vista l’eccedenza di domande da soddisfare per il settore”. Per quanto riguarda i trasporti Confagricoltura si auspica “una riorganizzazione, fatta anche in un’ottica di sostenibilità ambientale, che permetterà di ridurre il traffico su gomma”. Sui contratti di filiera, è da valutare “un finanziamento aggiuntivo, oppure la possibilità di stornare risorse inutilizzate da altre misure del Pnrr, o da altri strumenti a disposizione del governo, visto - ha sottolineato Giansanti - che, sui 690 milioni di euro disponibili, sono state presentate al Ministero richieste per 318 progetti, per un ammontare di 5 miliardi di euro. Una cifra, quindi, superiore di sette volte alle disponibilità”.
Riguardo alla transizione ecologica e digitale, Confagricoltura sostiene in pieno la posizione del Governo di poter utilizzare una parte dei fondi di coesione non ancora impegnati. “I fondi mobilitati con la flessibilità potrebbero essere destinati al ripristino delle aliquote 4.0 per incentivare lo sviluppo del tessuto imprenditoriale nel Paese, nonché sostenere il ciclo economico. Ad ogni modo la misura andrebbe calata in un quadro più ampio, che tenga conto anche di una più accentuata valenza ambientale, guardando all’implementazione del carbon farming”.
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