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VINO & DESIGN

“Premio Italiano di Architettura” 2024 alla cantina d’autore Ceresé nelle “terre dei promessi sposi”

Allo Studio Pizzi, il riconoscimento del Maxxi di Roma e della Triennale Milano per “il legame forte con il luogo, i materiali locali ed il paesaggio”

Uno dei fenomeni più interessanti degli ultimi decenni nel mondo del vino italiano sono le “cantine d’autore”, progettate dalle archistar e dai più prestigiosi studi di architettura, e considerate le nuove “cattedrali del vino” per la loro bellezza (l’Italia ha raggiunto il vertice mondiale grazie alla Cantina Antinori nel Chianti Classico, n. 1 della “World’s Best Vineyards” 2022, e grazie a tanti esempi che abbiamo raccontato su WineNews). Ma anche perché sono una sintesi di estetica e produttività, e del legame con il territorio, inteso come paesaggio, tradizioni e cultura che gli architetti traducono e restituiscono nei loro progetti, facendone degli “hub” di accoglienza, ma anche conoscenza dei “terroir”, dai più blasonati a quelli meno noti. Ed una “cantina d’autore” è il miglior edificio per il “Premio Italiano di Architettura 2024”, promosso dal Maxxi di Roma e dalla Triennale Milano, e assegnato allo Studio Pizzi, diretto da Pietro Martino Federico Pizzi, per il progetto della Cantina Vinicola Ceresé, nel Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, a Lecco, “per aver saputo armonizzare le qualità simboliche e formali di una geometria pura, come quella del cerchio, e allo stesso tempio un legame forte con il luogo, i materiali locali, il paesaggio”.
La Cantina Vinicola Ceresé, fondata da Maria Enrica Bonatti e Giovanni Mameli e il cui progetto risale al 2023, si estende per poco più di 20 ettari, con vigneti di Pinot Nero, Merlot, Sauvignon Blanc e Chardonnay, ai piedi della collina del famoso Santuario della Madonna del Carmelo, nelle terre del romanzo de “I promessi sposi”, il capolavoro di Alessandro Manzoni, ambientato su “quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi”, nell’antico insediamento, di cui mantiene il nome, già esistente nel 1571 come testimonia uno schizzo topografico della parrocchia di Montevecchia realizzato per visita del Cardinale Federico Borromeo al Santuario.
Valorizzare l’architettura italiana e promuovere e diffondere il lavoro dei progettisti impegnati nell’innovazione e con un’attenzione particolare all’impatto sociale, è l’obiettivo del “Premio Italiano di Architettura”, all’edizione n. 5 firmata dalle due istituzioni prestigiose attive nel settore, e andato in scena, nei giorni scorsi, al Maxxi, dove sono stati assegnati anche il “Premio alla Carriera” a Pierluigi Nicolin, classe 1941, architetto e critico di rilevanza internazionale, per l’attività di direttore della storica rivista di architettura “Lotus International”, e il “Premio Under 35”, al progetto vincitore di Nxt 2024, programma del Mazzi per i giovani progettisti e la valorizzazione della piazza del Museo, all’installazione Quintessenza del gruppo Grazzini Tonazzini Colombo. Alla cerimonia di premiazione sono intervenuti, tra gli altri, Alessandro Giuli, presidente Fondazione Maxxi, e Stefano Boeri, presidente Triennale Milano, e la giuria del premio è presieduta da Lorenza Baroncelli e composta da Stefano Boeri, Pippo Ciorra, Nina Bassoli, Cornelia Mattiacci, Sara Marini, Stefano Pujiatti e Michael Obrist.

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