Se è vero che i consumi delle bevande alcoliche, vino compreso, sembrano in calo a causa anche di uno stile salutistico sempre più pronunciato, allo stesso modo l’educazione al bere moderato deve ancora fare progressi. Perché, invece della scelta di un calice da accompagnare ad un piatto, sovente si guarda al binge drinking, fenomeno che non è soltanto giovanile e che interessa anche l’Italia, con conseguenze a lungo termine per la propria salute. Come si legge nel report “Fumo, alcol, eccesso di peso e sedentarietà”, pubblicato dall’Istat, nel 2023 il 15% della popolazione di 11 anni e più (oltre 8 milioni di persone) ha avuto almeno un comportamento di consumo di bevande alcoliche a rischio (consumo abituale eccedentario o ubriacature, il cosiddetto binge drinking). Tra gli uomini la quota è pari al 21,2% (5,5 milioni di persone) mentre tra le donne è del 9,2% (2,5 milioni). Un trend sostanzialmente stabile nella proporzione dei consumatori a rischio rispetto al 2022 (14,9%). Il consumo abituale eccedentario riguarda l’8,8% della popolazione (12,2% gli uomini, 5,5% le donne), il binge drinking il 7,8% (10,8% gli uomini, 3,1% le donne).
Nell’arco degli ultimi 10 anni si è osservata una forte contrazione del consumo abituale eccedentario (-2,3%), viceversa, la quota di chi ha abitudine alle ubriacature è significativamente aumentata (+1,5%). Comportamenti non moderati nel consumo di bevande alcoliche si osservano più frequentemente tra gli over 64 (il 18,1%, 30,2% per gli uomini e 8,5% per le donne), tra gli adolescenti nella fascia 11-17 anni (il 15,7%, il 22,4% degli uomini e il 13,3% delle donne) e tra i giovani e adulti fino a 44 anni (rispettivamente 15,5%, 20,4% e 10,6%). Nelle classi di età anziane il superamento delle quantità raccomandate avviene con il consumo abituale di vino soprattutto durante il pasto (tra coloro che dichiarano un consumo abituale eccedentario ciò si verifica per il 54,6% degli uomini e il 64,6% delle donne). L’abitudine a un consumo non moderato di alcol tra gli anziani potrebbe essere in parte legato a una scarsa conoscenza della quantità da consumare senza incorrere in rischi per la salute (per la popolazione dai 65 anni, già una quantità di due o più unità è considerata a rischio) ma anche a fattori culturali legati alla tradizione che vedono in tale consumo una consuetudine comportamentale.
E poi ci sono i ragazzi. Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ricorda il report dell’Istat, raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol fino ai 15 anni, in Italia con la Legge 8.11.2012 n.189 vige il divieto di somministrazione e vendita di bevande alcoliche ai minori di 18 anni. Da ciò si deduce che i giovani sotto la maggiore età che consumano anche una sola bevanda alcolica durante l’anno presentano un comportamento a rischio nel consumo di alcol. È rilevante, quindi, che nella fascia di età 11-17 anni, il 15,7% abbia consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno, valore che teoricamente dovrebbe essere uguale allo zero. In questa fascia d’età, il 2,8% ha le abitudini più rischiose perché si caratterizza per un consumo giornaliero di bevande alcoliche ma anche per l’abitudine al binge drinking oppure al consumo fuori pasto almeno settimanale, mentre il 12,9% ha un consumo più occasionale (beve almeno una bevanda alcolica nell’anno o ha un consumo fuori pasto occasionale). Le prevalenze più elevate di consumo di alcol a rischio si osservano nelle regioni del Nord, specialmente nel Nord-est (18,9%), rispetto al Centro (14,6%) e al Mezzogiorno (12,0%). Nel confronto con il 2022 si osserva un aumento nella prevalenza dei consumatori a rischio nelle regioni del Nord (+0,7 punti percentuali) e, viceversa, una riduzione in quelle del Centro (-0,8), con un conseguente ulteriore ampliamento delle differenze territoriali.
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