Cantine verso l’intesa taglia prezzi con gli importatori di vino americani…Al Vinitaly, chiuso ieri, oltre 3.000 operatori dagli States. Fiducia sulla tenuta del settore… Non è dato sapere se nel bagaglio a mano Giorgia Meloni porterà una bottiglia di Brunello o di Barolo da offrire a Donald Trump, ma di certo i dazi sull’agroalimentare saranno al centro dei colloqui il 17 aprile alla Casa Bianca con un seguito a Roma dove il giorno dopo arriva J.D. Vance, il vice di Trump. Perché partire da qui per tracciare un bilancio di quattro giorni di Vinitaly, cinquantasettesima edizione andata ieri a Verona in archivio con 4.500 cantine e 200.000 operatori presenti, in un clima non certo di entusiasmo? Perché i vignaioli parevano calati nella parte del dazi driver, come il Trevis Bickle interpretato da Robert De Niro, estraneo alla terra perché perseguitato dal fantasma delle tariffe. È vero che gli Usa sono il primo mercato estero delle nostre cantine - 1,9 miliardi con quasi 600 milioni dagli spumanti- ma è anche vero che c’è da preoccuparsi degli altri 6 miliardi di fatturato estero- per l’80% europeo- e dei quasi sette di mercato interno. Sul versante americano ci sono tre importanti segnali. Il primo ottenuto dalla nostra diplomazia è di aver escluso il bourbon americano dai contro dazi europei - Ursula von der Leyen li ha annunciati ieri: dal 10 al 25% -, il secondo lo ha offerto il tavolo con le organizzazioni economiche tenuto da Giorgia Meloni dove il presidente di Coldiretti Ettore Prandini ha sollecitato risorse europee parametrate all’importanza dei vari settori (l’agroalimentare vale il 13% di export e il “danno” stimato dei dazi è sui 3 miliardi, 800 milioni per il vino), il terzo è che all’interno della filiera vino c’è già un dialogo aperto con gli importatori. A Vinitaly di operatori a stelle e strisce se ne sono visti più di 3.000 e si è capito che il loro orientamento è di chiedere uno sconto per contenere l’impatto dei dazi. Come osserva Luca Castagnetti, con Winenews.it il più autorevole sito italiano d’informazione sul vino, uno dei più importanti consulenti sui mercati esteri: “Il dazio deve scorrere, non moltiplicarsi lungo la filiera”. Il sistema d’importazione in Usa moltiplica per 4 il prezzo iniziale del vino (la catena è produttore, importatore, distributore, venditore finale), ma ci possono essere “risparmi” se tutti accettano di limare la loro quota. Un dazio del 20% se applicato per intero sulla bottiglia porta un prezzo di partenza di 4 dollari a 19,2 dollari, se invece il dazio si ripartisce come onere tra gli attori può incidere per meno di un dollaro. Tutto questo dipende anche dal prezzo iniziale e dall’importanza della bottiglia. Un altro studio dice infatti che il mercato americano negli ultimi mesi ha guardato con particolare interesse alle bottiglie italiane con un boom dei vini di fascia alta e del Brunello di Montalcino in particolare. Secondo l’Osservatorio Efi (Edoardo Freddi International) il mercato americano è in fortissima crescita: il più esportato in assoluto è il Pinot Grigio che, rispetto al 2023, ha totalizzato un più 5% nelle vendite; al secondo posto il Prosecco (vendite cresciute del 68%), terzo il Brunello di Montalcino che ha fatto addirittura più 80%. Segno che ha ragione Franco Morando di Montalbera - ha vigne fra Monferrato e Langa- il quale sostiene: “La percentuale dei dazi va a colpire il segmento divino tra i 3e 6 euro e che al dettaglio non superano i 13 dollari la bottiglia; sono meno soggetti a rischio invece i vini della fascia luxury”. Si può non piangere troppo sul vino versato. Perché dal Vinitaly comunque arriva una spinta. La offre una analisi del Centro studi Divulga (vicino a Codiretti) secondo cui sono 5.500 i giovani agricoltori italiani che hanno scelto un futuro tra le vigne, caratterizzandosi per una maggiore attenzione alla distintività e alla sostenibilità: il settore vitivinicolo è ai primi posti nelle scelte imprenditoriali degli under 35. Secondo Divulga, quasi un terzo delle aziende in jeans vende i propri vini all’estero, contro un quinto della media generale. Viene da dire che finché c’è vigna c’è speranza.
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