“L’occupazione del suolo pubblico non è una concessione qualsiasi, è una responsabilità condivisa. La cura degli spazi esterni è parte del lavoro quotidiano, ma anche del paesaggio urbano che vogliamo costruire, è un patto di fiducia tra pubblico e privato, tra chi lavora e chi vive la città”. È questo il messaggio di Monica Lucarelli, Assessora alle Attività Produttive e Pari Opportunità di Roma Capitale, nel lanciare la campagna informativa “Non è solo un tavolino. È un pezzo di città”, lo slogan che accompagna il nuovo regolamento capitolino per l’Occupazione di suolo pubblico (Osp), in realtà già in vigore, ma al quale i titolari delle attività di somministrazione hanno tempo per adeguarsi fino al 31 dicembre 2025. “L’obiettivo è ambizioso - spiega Lucarelli - ed è raccontare che ogni dehors non è solo uno spazio commerciale, ma parte dell’identità urbana, un piccolo frammento di bellezza condivisa, di ordine e di accoglienza. Vogliamo trasformare l’occupazione di suolo pubblico in uno strumento di valorizzazione del lavoro e del paesaggio urbano, e lo facciamo garantendo regole chiare, tempi certi e trasparenza”. Il cambiamento più significativo riguarda i metri quadri pubblici occupabili, che a Roma non si calcoleranno più in base al “fronte esercizio” (ovvero, la parte frontale di un locale dove può essere installato un dehors), ma sulla superficie interna del locale, comprese cucine e bagni: l’esercente infatti, per sapere quanti metri quadri può occupare, deve prima vedere di quanti ne dispone dentro la propria attività.
Nello specifico, nel “Sito Unesco” (ovvero il centro storico entro le mura del XVII secolo) si può occupare fino a 1/3 della superficie interna e l’istallazione di pedane non sempre è ammessa, ma quando lo è questa può occupare fino a due stalli auto. Nella “Città Storica” (ovvero le zone storiche fuori dal perimetro Unesco) si può occupare fino a 1/3 della superficie interna in generale e si può sempre allestire anche una pedana che occupi massimo tre stalli auto. Nel “Suburbio” (ovvero il resto della città), entro la Fascia Verde (la Ztl capitolina, ndr) si può occupare anche il 100% della superficie interna con prevista possibilità di installare una pedana fino a tre stalli auto, mentre fuori dalla Fascia Verde si può occupare fino al 125% della superficie interna.
L’altra novità è la volontà di trovare un’armonizzazione riguardo agli arredi: a tal proposito gli unici sempre e in ogni caso ammessi sono quelli previsti nel Catalogo Arredi della Sovrintendenza Capitolina, altrimenti ogni personalizzazione dovrà essere o meno approvata dalla Sovrintendenza stessa. L’esercente può però unirsi ai colleghi della stessa via o piazza per presentare alla Giunta Comunale (cui spetta l’approvazione finale) un Progetto unitario che deve essere condiviso tra almeno il 50% dei soggetti e allo scopo sì di armonizzare gli arredi, ma anche di migliorare la qualità dello spazio urbano e caratterizzare alcune strade o quartieri specifici. “Ogni dehors ben progettato è un gesto di rispetto verso Roma. Ogni spazio curato, un passo verso una città più bella e ordinata”, sostiene l’Assessora Lucarelli .
Che era un po’ la “ratio” iniziale dietro al provvedimento che fu preso nel post-emergenza della pandemia da Covid nel 2020 - con l’allargamento delle maglie sulle regole per l’occupazione del suolo pubblico in Italia, per locali ed esercizi di ristorazione, in ragione del rilancio delle attività dopo il lockdown e anche della salute pubblica - ma del quale poi sia i locali, che le amministrazioni comunali, progressivamente si sono fatti prendere un po’ troppo la mano, espandendosi (e permettendolo) oltremisura. Molti esercenti hanno negli anni investito molto negli allestimenti all’aperto, con benefici in termini di appeal (e ricavi), unitamente alle lamentele dei cittadini costretti a zigzagare tra i tavolini per fare rientro a casa e con le varie disparità economiche in termini di Canone Unico Patrimoniale (Cup) che ogni singolo Comune fa pagare ai pubblici esercizi per l’occupazione del suolo (con le più disparate e disomogenee tariffe in ogni parte d’Italia, tra zone dove per “affittare” uno spazio del demanio si spende poco e in altre molto di più, e con relativi margini assai differenziati per le attività che guadagnano utilizzando una risorsa che è anche dello Stato e anche spesso e volentieri più economica rispetta al fondo commerciale interno di un privato, come raccontato in questa indagine di WineNews.
Una storia, quella dei dehors in Italia, la cui stretta sulla regolamentazione è stata fatta slittare per l’ennesima volta al 30 giugno 2027. Ma se la nuova, ennesima, proroga riguarda la normativa semplificata introdotta durante l’emergenza Covid, questo non impedisce ai singoli Comuni di adottare regolamenti più restrittivi o strutturati prima di quella data. E la Giunta di Roma, nell’immobilismo generale delle amministrazioni comunali a riguardo, ha deciso di farlo dimostrando che, volendo (e questa è forse la vera dirimente), si può intervenire: Roma ha scelto di anticipare la scadenza nazionale per dare ordine e coerenza agli spazi pubblici, probabilmente anche aiutata dall’essere una città con un patrimonio storico così delicato, anche se - con le dovute proporzioni in termini di bellezza - sono tante le città d’arte italiane e, anche i piccoli borghi stessi, a detenere caratteristiche simili. La proroga statale è una cornice, ma i Comuni possono decidere di agire prima e la Capitalea potrebbe essere la case history a fare da musa ispiratrice alle sue “figlie” sparse lungo tutto lo Stivale.
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