In Italia è scatta il fermo pesca nel Mar Tirreno, nel Mar Ionio e nelle isole, mentre le marinerie hanno ripreso le attività in tutto l’Adriatico dopo il blocco scattato tra luglio e agosto. A darne notizia è Coldiretti Pesca con l’interruzione che, iniziata ieri, durerà fino al 30 ottobre, secondo il calendario disposto per il nuovo fermo biologico, e riguarderà tutto il sistema della pesca a strascico. Ma nonostante la sospensione temporanea delle attività nelle aree interessate, sulle tavole italiane non mancherà il pesce nazionale, grazie all’apporto della piccola pesca costiera, delle draghe, dell’acquacoltura e delle zone non soggette a fermo.
“Il fermo pesca cade in un momento delicato per la Flotta Italia, anche in considerazione dei tagli annunciati ai fondi europei della Pcp (gli aiuti per la pesca, ndr). In un recente incontro con il Commissario Ue alla Pesca Kadis, Coldiretti Pesca ha evidenziato i rischi legati a un calo delle risorse. Un momento di confronto costruttivo con l’obiettivo di mettere in campo un percorso di collaborazione per valorizzare un settore che è un pilastro imprescindibile della sostenibilità del mare Mediterraneo. Per fare ciò, occorre sostenere il ricambio generazionale, facilitare l’accesso ai lavoratori tramite i “corridoi blu” e incentivare il rinnovo e la decarbonizzazione della flotta peschereccia, coniugando sostenibilità e competitività. Evidente anche la necessità di rivedere il piano West Med con regole basate su dati scientifici ed economici e di aggiornare il regolamento sui controlli e le sanzioni”.
Coldiretti Pesca consiglia di “prestare particolare attenzione alle etichette presenti nei banchi di pescherie e supermercati, così da evitare l’acquisto di prodotto estero, sempre più diffuso sul mercato nazionale. Negli ultimi quarant’anni, la dipendenza dall’importazione è cresciuta in modo esponenziale, passando dal 30% al 90% del consumo complessivo: lo scorso anno sono arrivati in Italia circa 840 milioni di chili di pesce straniero, a fronte di una produzione interna che si aggira intorno ai 130 milioni di chili”. Per il pesce fresco, ricorda Coldiretti Pesca. la legge prevede l’obbligo di indicare l’origine, “ma l’informazione spesso resta meno chiara rispetto ad altri alimenti. In molti casi, infatti, al posto della dicitura “Italia” troviamo indicata la zona di cattura: per il Mediterraneo, ad esempio, è riportata come “Fao 37”. Nei ristoranti, poi, il pesce generalmente non è accompagnato da alcuna etichetta, mentre solo i prodotti di acquacoltura devono riportare obbligatoriamente il Paese di origine”. Un altro elemento utile per riconoscere il pesce italiano è seguire la stagionalità: in questo periodo dell’anno il mare italiano offre una grande varietà di specie, tra cui alici, sarde, sgombri, sugarelli, ricciole, cefali, triglie di fango e di scoglio, gallinelle e scorfani, oltre a seppie, calamari e polpi. Al contrario, alcune specie come merluzzi, naselli, sogliole e rombi sono più difficili da trovare nei nostri mari e, di conseguenza, è più probabile che provengano dall’estero.
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