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“FREE FROM”

Celiachia e vita sociale: il vero ostacolo non è il glutine, ma il giudizio degli altri

Il progetto Orgoglio Free by Nutrifree indaga il vissuto di chi vive “gluten free” in un mondo che banalizza, fraintende o ignora questa condizione
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La celiachia non si vede, ma si sente

Mangiare fuori casa, partecipare a una festa, viaggiare con gli amici: per molti sono gesti quotidiani, per una persona celiaca possono diventare ostacoli invisibili. Non si tratta solo di evitare il glutine, ma di affrontare sguardi, commenti, incomprensioni. La celiachia, infatti, non è solo una condizione clinica: è una questione sociale, culturale, relazionale. Lo dimostra il nuovo approfondimento del progetto Orgoglio Free, promosso da Nutrifree, brand specializzato nel “free from”, dedicata alla “Celiachia e vita sociale: oltre i luoghi comuni”. Dopo il lancio del “Manifesto dell’Orgoglio Free”, nato da una prima indagine condotta con Personalive su un campione di oltre 3.000 persone tra celiaci, intolleranti e caregiver, il progetto si arricchisce di una nuova fase dedicata al vissuto sociale di chi vive gluten free in un mondo che spesso banalizza, fraintende o ignora questa condizione. I dati raccolti da Personalive, società di ricerche di mercato, parlano chiaro: il disagio non è solo nel piatto, ma nello sguardo degli altri, tanto che “il 55% prova ansia quando mangia fuori, il 77% si è sentito trattato con sufficienza da ristoratori, il 52% ha sentito dire che la celiachia è “solo una moda” e il 65% si è visto offrire qualcosa con glutine con la frase: “tanto è solo un po’ …”.
Secondo la psicologa Lara Pelagotti, “il disagio nasce dal sentirsi “fuori posto”, non accolti, e il luogo fisico (un bar, una cena tra amici) diventa simbolo di un pregiudizio che fa più male del glutine stesso”. La celiachia non si vede, ma si sente, e può trasformarsi in consapevolezza e connessione. Le emozioni raccolte parlano anche di reazione, orgoglio e adattamento: per molti, la celiachia è occasione di riscoperta personale, del cibo e di riorganizzazione della propria socialità. Tuttavia, “chi segue con rigore la dieta viene spesso percepito come “esagerato”, “difficile” o “complicato” ignorando che si tratta dell’unica terapia disponibile”, spiega Marta Civettini, celiaca e prima dietista dei celiaci in Italia, con oltre 70.000 followers su Instagram, sottolineando l’assurdità di questa distorsione, perché, “in realtà, si tratta semplicemente di curarsi: minimizzare questa necessità o considerarla una scelta è ciò che risulta davvero assurdo”.
Anche chi sceglie di non parlarne cerca alleati e condivide soluzioni, generando una rete di supporto. “Quando manca riconoscimento sociale la persona può sentirsi invisibile o addirittura colpevolizzata. Ma in un contesto che accoglie nasce un senso di dignità e di appartenenza. Per questo parlare di bias è essenziale: per correggere pregiudizi e generare connessione”, continua la dottoressa Pelagotti. Il disagio non nasce solo dalla mancanza di opzioni nel menù, ma dalle reazioni di chi si ha intorno. Da “dai, oggi puoi sgarrare” a “ma sei celiaco? Neanche la birra allora?”, ogni commento banale può trasformarsi in un micro-trauma. Secondo Orgoglio Free, il 76% dei celiaci si dice infastidito dagli stereotipi, il 52% sceglie di fornire spiegazioni, il 70% pianifica ogni vacanza per evitare imprevisti e il 53% porta cibo da casa alle feste. “Chi vive la celiachia non è solo un paziente, ma spesso anche un educatore inconsapevole - sottolinea la dottoressa Pelagotti - trovandosi molto spesso costretto a spiegare, giustificare, chiarire, persino normalizzare per gli altri”.
Oggi la celiachia non è più una condizione da nascondere, ma una realtà da accogliere con consapevolezza e rispetto: la community diventa motore di una nuova narrazione fatta di conquiste quotidiane, soluzioni condivise e libertà personale. Ma l’aspetto più interessante emerso dalla survey è forse questo: con il tempo, l’atteggiamento verso la propria condizione cambia. Dalla fatica del dover spiegare si passa a un senso di padronanza. La priorità non è più difendersi, ma far conoscere davvero la celiachia, contribuendo a una maggiore cultura. “È vero, spesso veniamo percepiti come esagerati, ma con il tempo capisci che la priorità non è giustificarsi, bensì far conoscere davvero la celiachia, perché ancora oggi c’è tanto da raccontare e chiarire”, aggiunge Civettini.
Con questa seconda fase, Orgoglio Free diventa una campagna attiva sui bias, sui falsi miti e sulla necessità di informare meglio. E Nutrifree continua ad ascoltare e amplificare le voci della sua community, portando avanti una cultura dell’inclusione quotidiana, dentro e fuori casa.

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