Primo Paese in Europa per valore aggiunto agricolo (compresi silvicoltura e pesca) con 44,4 miliardi di euro, in forte crescita, sia in valore che in volume, terza in Europa per valore aggiunto dell’industria alimentare, dietro Germania e Francia, con 38 miliardi di euro (+3,5% a prezzi correnti, +3,2% a prezzi costanti); una crescita del reddito agricolo tra le più alte nel Vecchio Continente e, quindi, +9,2% nel 2024, che si aggiunge al +11,7% del 2023, contro una media Ue che ha registrato rispettivamente un +0,7% nel 2024 e un -6,2% nel 2023; la leadership mondiale per prodotti Dop e Igp, con circa 900 registrazioni; e un’occupazione agricola in crescita con circa 1 milione di addetti nel 2024, a +0,7% sul 2023 (nel decennio +2,9% a fronte del -17% europeo). Ma anche investimenti privati agricoli ai massimi, con 10,6 miliardi di euro nel 2024, una produttività agricola più alta della media Ue, con 46.300 euro di valore aggiunto per addetto, un export agroalimentare con un valore prossimo ai 70 miliardi di euro nel 2024 e un saldo della bilancia commerciale passato da un deficit di 6 miliardi di euro del 2015 a un surplus di 2,8 miliardi di euro, oggi. Sono le evidenze del Rapporto Ismea 2025, presentato oggi a Roma, al Ministero dell’Agricoltura, alla presenza del Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e che conferma la leadership dell’Italia nell’agroalimentare europeo, con risultati di eccellenza in molteplici ambiti strategici. Un quadro che parla di un settore trainante per l’economia nazionale, resiliente ai numerosi shock esogeni che si sono susseguiti nel decennio e protagonista in Europa con diversi primati. La solidità dei fondamentali, sia del settore agricolo sia dell’industria di trasformazione, conferma l’agroalimentare come uno dei pilastri del sistema economico nazionale, con un peso sul Pil nazionale che arriva al 15% se consideriamo l’intera filiera, dal campo alla tavola. Una performance brillante dove rientra anche l’export con il trend positivo che è proseguito anche nel 2025, con esportazioni in aumento del 5,7% nei primi 9 mesi. Particolarmente rilevante la dinamica negli Stati Uniti, dove nel 2024 le vendite di prodotti italiani hanno raggiunto 7,8 miliardi di euro, con un balzo del 17,1% sul 2023.
Eppure, accanto ai tanti risultati positivi, il rapporto evidenzia elementi di complessità, tutti esogeni al settore, legati a uno scenario geopolitico globale segnato da incertezze e conflitti, in una fase di transizione delle relazioni economiche internazionali e di ritorno al protezionismo commerciale. I nuovi dazi introdotti dagli Stati Uniti nel 2025 rappresentano una questione particolarmente delicata che trova un approfondimento nel Rapporto. La valutazione dei loro effetti non può prescindere dalla specificità dei singoli comparti, dal grado di sostituibilità dei prodotti italiani sul mercato nordamericano e dalle dinamiche del tasso di cambio, che influisce sugli scambi in misura analoga alle tariffe. Più in generale, sulla base dell’accordo Usa/Ue del luglio 2025 il settore agroalimentare, gravato da un dazio addizionale medio ponderato del 12,9%, risulta meno colpito rispetto a quello di altri Paesi, ma relativamente più penalizzato rispetto a comparti industriali sensibili, per i quali l’Ue ha spuntato trattamenti più favorevoli. La situazione rimane, comunque, in evoluzione, essendo tuttora fortemente influenzata dalle aspettative degli operatori. Una valutazione più accurata dell’impatto dei dazi, spiega sempre Ismea, potrà essere formulata solo a partire da metà 2026.
Negli ultimi tre anni il Governo ha mobilitato oltre 15 miliardi di euro per il settore per rafforzare filiere, innovazione e occupazione giovanile in agricoltura. L’attuazione del Pnrr agricolo ha portato le risorse gestite dal Ministero da 3,6 a 8,9 miliardi di euro. Tra gli interventi più significativi figura il “Fondo contratti di filiera (Fcf)” la cui dotazione finanziaria è stata incrementata di ulteriori 2 miliardi di euro per un totale complessivo di 4 miliardi di euro.
“Il Rapporto Agroalimentare 2025 - ha spiegato Sergio Marchi, dg Ismea, introducendo il documento - conferma la forza strutturale della nostra filiera agroalimentare, che contribuisce fino al 15% del Pil se si considera l’intera estensione dei comparti connessi. Un sistema capace di creare valore, lavoro, reputazione internazionale, e di rappresentare l’Italia nel mondo con la credibilità e la qualità che ci contraddistinguono. In questo ambito è bene ricordare che la ristorazione italiana ha raggiunto nel 2024 un valore globale di 251 miliardi di euro, un risultato che testimonia la forza della nostra tradizione enogastronomica proprio mentre la cucina italiana è in valutazione per il riconoscimento come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco”.
Livio Proietti, presidente Ismea, sottolinea, nell’introduzione, che “su oltre 900 voci doganali, il 70% del valore esportato è concentrato nei primi 13 prodotti, un dato che evidenzia una forte specializzazione, una notevole resilienza e l’insostituibilità dei simboli del made in Italy: vino, olio extravergine d’oliva, pasta, formaggi stagionati e acque minerali. Prodotti riconoscibili, richiesti, e che sostengono la reputazione dell’Italia nel mondo”.
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